Ci sono paesi tristi nei quali i diritti diventano privilegi. Così sposarsi con la persona che si ama è facoltà di molti ma non di tutti. Ci sono paesi tristi nei quali un tecnico in favore di riflettori e luci di scena può offendere la dignità e le inclinazioni dei cittadini espresse e patrimonio comune. Non sto parlando di Polillo e dell’acqua pubblica, ma del criminologo più presente e presenzialista nelle tv, compresa quella pubblica, tal Francesco Bruno, un ceffo che avrebbe suscitato i sospetti del mio prozio e che sfrontatamente in regime di abuso della sua professione ha dichiarato che “i gay sono malati da curare, individui “non normali”, assimilabili alle persone disabili”. Non ha messo paura al Bruno, criminologo, psichiatra e docente universitario (a Salerno e alla Sapienza di Roma), la denuncia sporta all’Ordine dei Medici, due anni fa, da parte di Arcigay, per aver contestato “ la depatologizzazione dell’omosessualità” sancita, nel 1990, dall’Organizzazione mondiale della Sanità. E lo credo bene che non si sia preoccupato visto che la denuncia è stata respinta dall’Ordine, lasciandogli modo di esternare il suo intemerato fanatismo omofobo travestito da scienza neutrale in buona compagnia, l’ex assessore Giuseppe Ripa, dimessosi dopo aver insultato il governatore della Puglia, Nichi Vendola e sulle dalle pagine virtuali di Pontifex, cenacolo del più infame e cieco fondamentalismo.
Il ciarlatano dei comportamenti, noto per un altro improbabile allarme: “Satanismo e bullismo dilagano perchè si è perso il senso del peccato”, “pontifica”, con sublime disinteresse per l’intelligenza e per il ridicolo: “ L’omosessuale nato lo è per un disturbo di personalità legato, probabilmente, ad una errata assimilazione dei ruoli dei genitori, o anche a cause organiche che sarebbe complicatissimo spiegare”. E sarebbe colpevole ”una eccessiva tolleranza verso stati di anormalità, e l’omosessualità tale va considerata, perché così la gente si confonde e non capisce più cosa è il bene e che cosa è il male”. E a proposito dell’Oms, ”quando i colleghi americani hanno sdoganato l’omosessualità dalle patologie”, dice, “hanno fatto un grave danno e io sono contrario a quanto sostiene l’Organizzazione Mondiale della sanità. L’omosessuale, al quale va dato ogni rispetto, è clinicamente un malato, ovvero soffre di un disturbo patologico che lo altera. Inutile che questi signori vogliano convincerci che i normali siano loro. Ma sono sostenuti, parlo fuor di metafora, da lobby potenti e forti”.
Smascherando il complottiasmo della demoplutocrazia omosessuale, pericolosa, si direbbe più dei tassisti e dei farmacisti, il Bruno mette una ulteriore pietra per il muro di condanna ed esclusione sociale dalla cittadinanza che estromette le persone omosessuali dal riconoscimento di diritti fondamentali.
Sarebbe rischioso ridurre il Bruno a un risibile macchietta, a una caricatura grottesca. Si tratta di atteggiamenti che danno legittimità alla condanna di comportamenti non pienamente convenzionali, attribuendo liceità al rifiuto della “piena umanità” dell´altro da noi. Un rifiuto che in contro tendenza con tutti i paesi civili in Italia si è rafforzato negli ultimi anni con l´esplicito manifestarsi di politici che hanno elevato la tolleranza per una omofobia che sfocia in aggressioni e che impedisce l´approvazione di norme che riconoscano per legge quell’uguaglianza dei cittadini, postulata dalla nostra Carta costituzionale.
Pare che l’antipolitica condanni all’eclisse anche la “politica dell´umanità” come la chiama Martha Nussbaum, se il nostro Paese si conserva quell’abominevole diritto che non garantisce alle persone omosessuali pieno rispetto, eguaglianza, dignità, irridendo quei fondamenti dell´eguaglianza che si esprimono nel tessersi delle relazione personali e affettive, nella libera costruzione della personalità.
Si tratta dei principi più forti e per questo più delicati e degni di maggiore cura e le garanzie devono essere più vigili e lungimiranti, perché devono tutelare l’uguaglianza e la dignità. Due capisaldi e due esigenze che ormai è obbligatorio vadano insieme: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata»: così si apre la Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea. E la nostra Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale». La dignità “sociale” deve essere la luce che guida i rapporti tra le persone, il nostro essere nel mondo, il modo in cui lo sguardo altrui si posa su ciascuno di noi.
«Per vivere – secondo Primo Levi – occorre un´identità, ossia una dignità».
La persona, cioè, non può essere mai separata dalla sua dignità. La rottura di questo vincolo morale e civile ci scaraventa nel precipizio dell´indegnità, ci pone nella condizione di “non persone”, ci assoggetta a forme insidiose di segregazione. Pena una eclissi dello stato di diritto, che per riscattarsi dall’abominio deve riprendere la sua forza simbolica, la sua vocazione di legittimazione di comportamenti civili, di rispetto profondo per l´altro. Se malattia c’è, è quella del tremendo contagio della disumanità, della pretesa superiorità di razza, genere, inclinazione. Professor Bruno, cura te stesso.
Nessun commento:
Posta un commento