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lunedì 16 gennaio 2012

Quei bambini abbandonati nel miniclub della Concordia

Costa Concordia Affondata Inclinata Isola Del Giglio Claudio Messora Byoblu Byoblu.com

Mio padre navigava sulla Costa Crociere. Faceva il pianista, il pianista sull’oceano. Le crociere duravano almeno tre mesi. Facevano il giro del mondo. Crociere per ricchi. Donne miliardarie che non sapevano come perdere tempo. Oppure passeggeri che volevano raggiungere una destinazione precisa. Mia madre salì ad Alessandria d’Egitto sulla Galileo Galilei – che era del Lloyd Adriatico - e scese 17 giorni dopo a Melbourne, in Australia. Lì, durante il viaggio, si innamorò del pianista. Oggi si prende l'aereo. Innamorarsi è più difficile. Ma questa è un’altra storia.
Quando ero piccolo vedevo mio padre molto poco. Sbarcava dall’Eugenio Costa al porto di Genova, stava tre giorni con noi e ripartiva per qualche mese. Oltre a qualche giocattolo, ogni volta portava a casa un sacco di storie. Come quella del cameriere napoletano che alle Galapagos si era fregato un pinguino e lo teneva nella vasca da bagno. O come quella della Federico Costa che, all’ingresso del porto di Alessandria, squarcia la prua di una nave greca, ma era colpa del rimorchiatore. O come quella del capitano che, ogni volta che incrociava in mare aperto un’altra nave Costa, rastrellava tutte le mutandine e i reggiseno delle passeggere e le issava in vetta, al posto della bandiera. Poi si metteva in piedi sulla prua e faceva “tiè” al capitano dell’altro transatlantico. Gli piaceva scherzare. E bere un tantinello, la sera, nella pista da ballo dove mio padre suonava. Ma aveva una grandissima esperienza di comando che nelle situazioni d’emergenza si faceva sentire.



Una volta restarono fermi, immobili per giorni e giorni nel bel mezzo dell’Oceano Indiano. C’erano onde alte come grattacieli. In quei casi o sai governare una nave, o vai a picco. Il capitano stette giorno e notte in cabina di comando. Quando arrivava una montagna d’acqua, impartiva un “avanti tutta” alla sala macchine. Quando raggiungevano la cresta e iniziava la discesa, impegnava i motori in un estenuante “indietro tutta”. Dovevano stare perfettamente fermi nella stessa identica posizione. Una sola manovra sbagliata e tonnellate di acciaio e ferro, insieme al loro carico umano, si sarebbero ribaltate. Ogni tanto, chiedeva ai passeggeri di trasferirsi tutti su un lato della nave, per controbilanciare il peso e minimizzare il rischio di pericolose inclinazioni su un fianco. Situazioni come quelle non erano infrequenti, per chi passava la sua vita in mare, ma mio padre tornò sempre a casa. Il capitano sapeva il fatto suo.

La Repubblica - Le bugie del comandante in Fuga

Il pericolo arrivava da burrascosi oceani in tempesta, non da un inchino irrispettoso delle procedure fatto in ossequio a un collega che ha casa all’Isola del Giglio. La Concordia non stava affrontando le correnti dell’Oceano Pacifico né doveva governare nelle strette vasche di compensazione del canale di Panama. Stava solo cazzeggiando. La gente è morta per un cazzeggio, e perché un uomo che non era un uomo qualunque ma il capitano della nave, Francesco Schettino, si dice abbia atteso un’ora prima di lanciare l’allarme, forse per l’incapacità di dichiarare a se stesso e al mondo che aveva combinato un disastro. La gente è morta subito dopo essersi resa conto che non è vero che il capitano è sempre l’ultimo ad abbandonare la nave. Mentre i due anziani trovati morti nel ristorante cercavano tragicamente di guadagnarsi una via di fuga, il “loro” capitano era “appannellato” in una scialuppa di salvataggio. Mentre due genitori cercavano disperatamente di affidare il loro bimbo di tre anni a quelli che si erano messi già comodi sulle scialuppe, implorandoli senza successo, uno dopo l’altro, di prenderlo con sé, di salvare almeno lui, la Guardia Costiera di Livorno dice che il “loro” capitano era già in rotta verso la terra, contravvenendo ad ogni disposizione impartita.

Ma la storia di ordinaria agghiacciante umanità, quella che più mi ha impressionato, è stata quella delle animatrici del miniclub che - raccontano i genitori - sarebbero scappate lasciando i bambini piccoli che stavano accudendo abbandonati a se stessi. Che la vita non è un film lo sappiamo tutti, ma di fronte a questa squallida, desolante rappresentazione della nostra pochezza, che riesce a far passare in secondo piano persino la ritirata del capitano, io proprio non riesco a darmi pace. di Byoblu

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