I raggiri ipotizzati riguardano il ricovero di pazienti fatto pagare alle casse del servizio pubblico.
Il “buco” della sanità. La Calabria sta pagando un prezzo altissimo a causa degli sperperi e delle gestioni clientelari che hanno per vent’anni caratterizzato la vita delle amministrazioni sanitarie locali. Le Usl, poi diventate Asl e, infine, trasformate in Asp hanno trasferito nelle corsie ospedaliere, negli ambulatori e nei reparti, i “vizi” peggiori delle segreterie politiche. Carriere professionali, accreditamenti di strutture private, assunzione di personale paramedico, reclutamento di addetti amministrativi e, persino, l’impiego di anonimi centralisti sono stati spesso decisi in ragione della appartenenza a “correnti” e partiti. La medesima logica ha orientato l’apertura o il potenziamento di ospedali e presidi. In periodo di “vacche grasse” – cioè tra gli anni 70 e ‘90 – nessuno s’è accorto del danno che si stava procurando e tutto è filato liscio. Ora, in tempo di crisi, la situazione è prepotentemente emersa in tutta la sua drammaticità.
È così arrivata l’epoca dei “tagli”, giustificati da una parolina magica: il “Piano di rientro”. Per porre rimedio agli errori del passato, recente e remoto, le chiusure e il ridimensionamento di piccoli e grandi nosocomi è diventato la regola. Sulla sanità si stanno pure concentrando, nell’ultimo periodo, le attenzioni delle magistratura inquirente. Sedici persone sono state infatti incriminate, ieri, per truffa ai danni della Regione Calabria. L’inchiesta nasce da un dettagliato rapporto investigativo dei carabinieri del Nas di Cosenza entrati in azione per ordine del procuratore capo di Paola, Bruno Giordano. Il magistrato ha disposto una serie di controlli nelle strutture sanitarie private accreditate nell’area tirrenica del Cosentino. Strutture che forniscono prestazioni in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Le cliniche oggetto degli accertamenti sono state: «San Luca» di Praia a Mare, «Arena» di Sangineto, «Tricarico» e «Cascini» di Belvedere Marittimo. Le verifiche hanno consentito di ipotizzare la consumazione di raggiri in danno dello Stato operati attraverso espedienti posti in essere in occasione del ricovero di pazienti. In particolare, sono stati accertati casi di prestazioni diagnostiche rimborsate nonostante non fossero previste nella convenzione stipulata tra il Servizio sanitario e le case di cura.
Non solo. I carabinieri hanno individuato soggetti che svolgevano attività medica di “fisioterapia” nonostante fossero privi di idoneo titolo professionale; hanno scoperto interventi odontoiatrici eseguiti presso un centro dentistico in regime di day-hospital, registrati e rimborsati come ricoveri ordinari della durata di più giorni; terapie per il trattamento di patologie urinarie (litotrissia) e per la cura dell’infertilità nella coppia, erogate sebbene la struttura in cui venivano effettuati non riunisse i requisiti strutturali e organizzativi previsti dalla normativa.
I militari hanno anche riscontrato la registrazione, da parte di una casa di cura, di numerosi ricoveri effettuati “in urgenza” che, dagli accertamenti eseguiti, sono invece risultati essere ordinari e regolarmente programmati. L’indagine ha poi fatto emergere che i ricoveri hanno spesso riguardato interi nuclei familiari di origine lucana e siciliana i cui componenti, di fronte alle domande poste dagli investigatori, hanno ammesso che le “degenze”, lungi dal rivestire un carattere di urgenza sanitaria, erano in realtà state pianificate solo al fine di fornire assistenza a un congiunto ricoverato. Acquisite nel corso delle indagini numerose cartelle cliniche, al fine di valutare sia gli aspetti legati agli esami eseguiti in regime di ricovero che quelli connessi alla conformità delle prestazioni effettuate. Gli imputati per i quali il procuratore Giordano ha chiesto il rinvio a giudizio sono i legali rappresentanti e i direttori sanitari delle quattro case di cura e sei medici operanti presso il pronto soccorso di una delle strutture sanitarie, reputati responsabili di truffa.
A giudizio rischiano di finire anche altri due operatori sanitari che avrebbero esercitato abusivamente la professione di fisioterapisti. Queste le persone nei cui confronti è stata esercitata l’azione penale: Carmen Rosano; Pasquale Rosano Tricarico; Maurizio Cesario; Simona Civitelli; Pia Luduina Gorgone; Maria beatrice Guaglianone; Bruna Rosa Maiolino; Camilla Canu; Maria teresa Concordia; Carmine Grisolia; Fidelia Muscolo; Stefania Fabiani; Antonietta Sabatini; Cesare Arena; Gianfranco Lombardi e Assunta Andreoli. Tutti gli imputati, che si protestano innocenti e tali dovranno essere considerati fino alla definizione della vicenda giudiziaria, dovranno ora comparire in sede processuale. Arcangelo Badolati - GDS
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