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sabato 27 ottobre 2012

Contrordine corrotti: “resto in campo”

Dove osano i quaquaraquà. Berlusconi cambia un’altra volta idea e dopo la patetica scena della lettera di addio eccolo che torna in scena come un misirizzi: è costretto a rimanere in campo per dare il colpo di grazia alla giustizia già agonizzante, ma ancora in grado di condannarlo. Ora d’accordo che al cavaliere piace il coup de theatre, ma qui c’è qualcosa che non funziona e che va oltre il comico: quando ha dato l’addio alle scene in pompa magna, Berlusconi sapeva che la sentenza ci sarebbe stata il giorno dopo e di certo i suoi avvocati lo avranno avvertito che una condanna era più che possibile, anzi probabile, visto come si era svolto il processo.

In realtà questa marcia indietro precipitosa di Silvio mette in luce qualcosa di più della sua passione per la buffonerie: il marcio a cui è giunta la società italia guidata da questo Mosè da trivio. A parte il rimbambimento senile, l”unico modo con cui si spiega il suo comportamento è che si fidasse di qualche patto siglato o sussurrato che gli assegnava l’immunità perpetua in cambio della sua uscita di scena. Qualcosa di cui si era parlato anche esplicitamente prima ancora del suo capitombolo eterodiretto via Merkel. Se e a che livello fosse stato tacitamente sancito lo scambio, con quali presupposti e consistenza non si sa: ma probabilmente  il Cavaliere era convinto o è stato convinto che una sua rinuncia alla politica gli avrebbe fruttato  un’assoluzione o al massimo una lievissima condanna nella vicenda Mediatrade.

Lo sconcerto con cui l’entourage berlusconiano ha accolto i quattro anni di galera e soprattutto  l’interdizione dai pubblici uffici è li a testimoniare che si attendevano qualcosa di diverso, nonostante l’accertamento della frode: che la rinuncia, sincera o bugiarda che fosse, avrebbe in qualche misura prodotto una sentenza attenuata. Che insomma tutto si svolgesse dentro un grande mercato del potere e delle relative impunità, che i giudici avrebbero compreso l’antifona. E’ successo invece che la sentenza non sia stata politica, ma puramente giudiziaria che sia avvenuto esattamente il contrario di quanto ora l’incredibile Silvio va dicendo.
Adesso sappiamo che Berlusconi è avvinto al Paese dal suo destino personale come nelle scene finali del Promontorio della paura e che  dopo la sorpresa di una sentenza che pensava di aver sterilizzato con il suo addio, si è dedicato al suo ultimo ricatto: far sì che il milieu politico italiano dia concretezza a un patto, smuovendo mari, monti e leggi oppure si trovi a dover fare i conti con una presenza ormai sgradita al mondo intero e fonte di imbarazzo per il Paese. Infatti il suo ritorno sulla scena è avvolto dall’ambiguità, quanto basta per dare avvio ad una contrattazione seria. Che potrebbe concludersi anche con il punto più basso della Repubblica: un salvataggio con la nomina a senatore a vita. Spero sinceramente di sbagliarmi, spero che sia fantapolitica. Anche se proprio dentro questa dimensione abbiamo vissuto i peggiori anni della nostra vita.
il simplicissimus




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