Il capo della protezione civile, Gabrielli, succedaneo di Bertolaso, ci prova a fare lo sghetto, a introdurre nuove impunità. Dopo le condanne piovute sulla commissione grandi rischi per la vicenda de L’Aquila, ora chiede una norma urgente per tutelare gli scienziati affinché non debbano correre dei rischi giudiziari. Da uomo dei servizi e dunque abituato alla manipolazione, tenta di farci vedere il dito e non la luna, di depistarci e di farci prendere lucciole per lanterne.
Dice di voler creare un’oasi di protezione per i pareri espressi dagli esperti, ma in realtà vuole solo creare una cortina di impunità per quei poteri, manovre e prassi che si servono degli scienziati come di un alibi per imporre le loro tesi. Nessuno può condannare un ricercatore per un’ opinione che si rivela poi sbagliata e infatti la clamorosa sentenza non dice affatto questo, ma una cosa molto diversa: che i pareri espressi e sottoscritti ex post dalla commissione furono estorti da Bertolaso che a tutti i costi voleva minimizzare il rischio per evitare di prendere quelle costose misure preventive e d’informazione che quanto meno sarebbero state utili a salvare qualche vita. La famosa convocazione della Commissione grandi rischi fu voluta, dieci giorni prima della scossa fatale, per sedare l’ansia di una popolazione sottoposta da mesi ad uno sciame sisimico che invece di cessare provocava scosse sempre più evidenti e forti.
Ansia che derivava anche dalla cassandra Giuliani che sulla base delle misurazioni del gas radon, preconizzava l’arrivo del big one Bertolaso lo aveva denunciato per procurato allarme, ma il susseguirsi delle scosse e in particolare quella del 4° grado della scala Richter , arrivata il 30 marzo, indusse il capo della Protezione civile, non a prendere misure concrete, ma a servirsi della commissione per un’operazione mediatica volta a tranquillizzare: gli scienziati si trovarono perciò dentro una riunione informale a dover sostenere una tesi prefabbricata secondo la quale tutto era normale e che anzi più scosse piccole e medie c’erano e più si dissipava energia. Con il piccolo particolare che non conoscendosi la quantità di energia da dissipare e ignorando totalmente la tipologia storica dei terremoti aquilani, il ragionamento aveva lo stesso valore di Bertolaso: zero. Così come ogni previsione in un senso o nell’altro. Il verbale di quell’incontro, di per sé abbastanza vacuo e per il resto bugiardo (Enzo Boschi pur polemizzando con la sentenza ha detto pochi giorni fa: “sarei stato matto ad escludere una forte scossa”) fu poi fatto firmare il giorno dopo la distruzione della città come documento a discarico delle responsabilità del capo della protezione civile.
Allora cosa vuole dire Gabrielli quando invoca la tutela degli scienziati? La invoca in realtà per sé stesso e per le pressioni della politica su esperti in qualche modo dipendenti da istituzioni pubbliche, spinti ad esprimere ciò che vuole il potere. ” Proteggere” con una legge gli esperti significa in realtà proteggere le indebite pressioni politiche e governative: è del tutto ovvio che se arrendersi alla malafede di stato non comporta alcuna conseguenza e magari anche qualche vantaggio, questa pratica non potrà che crescere e favorire la “corruzione della conoscenza”. Di certo non ci sono in gioco solo i terremoti, ma una vastissima serie di campi che vanno dall’idrologia, alla sanità, ai farmaci, alle analisi ambientali e ai pareri di compatibilità, all’alimentazione, ai mille rischi il cui valore può essere alterato dai poteri politici e da quelli che fanno riferimento ad essi.
Insomma con la scusa della protezione degli esperti che a prima vista appare plausibile e persino auspicabile, si vuole in realtà introdurre una mela marcia pure nel cesto della scienza con incompetenti assoluti e corrotti fino al midollo che dettano le verità che più fanno loro comodo. E con scienziati che pure devono campare e che hanno – come tutti -le loro ambizioni trasformati in ciambellani alla corte degli interessi più disparati salvo quelli dei cittadini e in ultima analisi del mercato e delle sue manacce tutt’altro che invisibili. il semplicissimus
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