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giovedì 25 ottobre 2012

Sicilia verso le elezioni. In corsa 32 indagati o sotto processo. “Liste pulite” riapre la questione morale


Palazzo dei Normanni - Palermo (foto di Sostine Cannata)

Condannati, rinviati a giudizio, sotto indagine per i reati più diversi: ex presidenti, deputati uscenti e vecchie glorie formano il partito trasversale degli inquisiti

di EMANUELE LAURIA (tratto da laRepubblica.it)
PALERMO -  Indagati, imputati, condannati: sono trentadue, all’ultima conta. Per reati che magari sfuggono ai codici etici approvati da Udc, Pd, Pdl ma dimostrano come sia irrisolta in Sicilia la questione morale. Ieri Gianfranco Fini ha messo il dito nella piaga: “Se in Sicilia si vuole aprire un chiosco o un bar serve un certificato antimafia. Per candidarsi no…”, ha detto il presidente della Camera durante il suo tour nella regione. Circostanza che crea “una differenza oggettiva nel rispetto della legalità”.

Parole che riaprono una recente ferita nella sua coalizione “autonomista” che sostiene Gianfranco Micciché: Grande Sud, il partito di Micciché, ha ricandidato a Palermo Franco Mineo, attualmente sotto processo perché accusato di essere un prestanome di un esponente dei Galatolo, famiglia mafiosa dell’Acquasanta. Una decisione che ha spinto Fabio Granata, vicecoordinatore di Fli, a ritirare il sostegno a Micciché.



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Ma il caso di Mineo, come detto, non è isolato. Basti pensare che in corsa ci sono pure tre ex consiglieri regionali finiti in carcere nell’ultimo scorcio di legislatura e tuttora indagati. Nelle liste dell’Mpa di Raffaele Lombardo ci riprova Riccardo Minardo, rinviato a giudizio per truffa all’Unione europea, e fa altrettanto Fabio Mancuso, inquisito per reati finanziari. Nell’estate del 2011 era finito in carcere per quindici giorni anche l’ex autonomista Cateno De Luca. Provvedimento ingiusto, per la Cassazione, ma sul capo di De Luca rimane un’inchiesta per abuso d’ufficio, tentata concussione e falso che non gli ha impedito di ricandidarsi. Addirittura per la presidenza della Regione.

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Volto più noto è quello di Giuseppe Drago, ex sottosegretario di Berlusconi, che nel 2010 ha dovuto rinunciare allo scranno da deputato dopo la sentenza della Cassazione che ha reso definitiva la condanna a tre anni per peculato: quand’era presidente della Regione, dicono i giudici, Drago ha utilizzato in modo improprio 123 mila euro di fondi riservati. Ora, finita l’interdizione dai pubblici uffici, Drago ha trovato un posto in lista nel Pid-Cantiere popolare di Saverio Romano. (Romano indagato per mafia: promosso ministro)
E in corsa c’è di nuovo l’immortale Giuseppe Buzzanca (Pdl) già sindaco di Messina, consigliere regionale, poi entrambe le cose. Malgrado quella vecchia condanna per peculato d’uso – passata in giudicato – che gli deriva da un viaggio in auto blu con la moglie sino in Puglia per partecipare a una crociera. “Invoco il diritto all’oblio“, fa spallucce Buzzanca. Ma ai magistrati, ora, deve rispondere anche delle accuse di disastro colposo nell’inchiesta sulle responsabilità per i danni dell’alluvione di Giampilieri che causò 39 morti. Stesse contestazioni fatte a Mario Briguglio, sindaco di Scaletta Zanclea, nel Messinese: anche lui candidato, per Grande Sud.

Fra i candidati “illustri” sotto inchiesta anche Francesco Cascio, il presidente dell’Assemblea regionale del Pdl: su Cascio, e su altri ex assessori al Territorio, pende una richiesta di rinvio a giudizio per la mancata adozione di misure anti-inquinamento. A Catania in lizza due ex assessori della giunta Scapagnini, Mimmo Rotella e Giuseppe Arena, entrambi condannati in primo grado per falso in bilancio.

Certo, non si può fare di tutta l’erba un fascio: se il Pds-Mpa di Raffaele Lombardo è il partito con il maggior numero di “inguaiati”, ben nove, il Pdl e il Pid-Cantiere popolare seguono a quota quattro. Il centrosinistra ha meno problemi. Ma anche Rosario Crocetta, il portabandiera dell’alleanza Pd-Udc, deve fare i conti con qualche grana giudiziaria dei suoi candidati. Ultima quella relativa a una condanna per abuso d’ufficio di Giuseppe Spata, in lista per l’Udc a Palermo. E anche la sinistra “alternativa” ha dovuto pagare dazio: nelle liste di Italia dei Valori, a Messina, Francesco Pettinato, è indagato nell’ambito di un’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nel Comune di Fondachelli Fantina, provincia di Messina. Pettinato, in seguito a sollecitazioni di Di Pietro, ha annunciato che si ritira dalla corsa.

È questo lo scenario in cui si svolgono le elezioni siciliane, con Grillo che ha buon gioco nell’urlare “piazza pulita”. E Fini a lanciare il suo richiamo istituzionale. Ma anche Fli deve fare i conti con due indagini: quella per concussione che riguarda Mario Bonomo, capolista a Siracusa, e quella per voto di scambio che invece coinvolge un ex consigliere provinciale di Messina, Nino Reitano. A dimostrazione di quanto sia trasversale il partito degli inquisiti. (nuovosoldo)



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