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mercoledì 19 dicembre 2012

Meta-sanità: addio vecchi reparti, ora il malato lo si cura 'in rete'

ROMA - Per migliorare le cure e spendere meglio arrivano le 'Reti cliniche', 'Meta-Ospedali e Meta-Asl' dove, come in una 'staffetta', medici, infermieri e servizi prendono in carico il malato al di là dei confini dell'azienda sanitaria o ospedaliera dov'è materialmente in cura o ricoverato. Una rivoluzione in atto da tempo ma che negli ultimi anni, grazie all'impulso del management sanitario pubblico, ha subito una decisa accelerazione. In primis a favore dei pazienti, che con il sistema di assistenza 'in Rete' hanno al proprio fianco team più allargati e competenti di professionisti. Per capire: mi ricovero appunto in Cardiologia all'ospedale X ma il mio caso viene seguito anche dal medico nefrologo dell'ospedale Y che si è specializzato nelle nefropatie dei malati cardiopatici. Un esempio che vale anche per chi non ha bisogno di ricovero ma è preso in carico dalla propria Asl, che lavora 'in Rete' con i professionisti di altre aziende sanitarie, per stabilire i percorsi terapeutici o diagnostici migliori.

Per rete clinica regionale si intende 'una forma di collaborazione stabile e formalizzata tra Unità operative (più o meno l'equivalente dei vecchi reparti) e/o professionisti appartenenti a diverse aziende sanitarie di una medesima regione, che abbia ad oggetto il processo di cura del paziente, i servizi di supporto o la circolazione dei professionisti e delle conoscenze'.



La diffusione delle reti cliniche, da tempo nel vocabolario della sanità pubblica britannica (e di altri Paesi anglosassoni, come il Canada) parte lentamente in Italia nei primi anni duemila, ma è dal 2008 che il modello inizia ad espandersi, passando nelle regioni censite da una cinquantina di esperienze alle oltre 140 dello studio al 2012. Alcune ancora solo 'sulla carta', ossia programmate ma non ancora avviate. Altre in fase di start up e molte già pienamente funzionanti. Tra quelle già in attività le aree terapeutiche dove le Reti sono più diffuse sono Cardiologia (14 esperienze avviate), Oncologia (10), Neurologia (9), Malattie Rare (8), seguite poi da Emergenza-Urgenza, Centri trasfusionali e Cure palliative, che contano 7 esperienze ciascuna. In tutto le Reti cliniche effettivamente funzionanti censite da Fiaso sono 87, con una netta prevalenza nel Nord Italia.

La tendenza a 'lavorare in Rete' da parte di Asl e ospedali nasce del resto dalla sempre maggiore specializzazione dell'attività medica, che alimenta il bisogno di interscambio e connessione tra professionisti, sia per rafforzare il proprio bagaglio di competenze che per mettere al meglio queste ultime a disposizione del malato. Per questo - rileva lo studio di Fiaso - le Reti non si limitano a collegare tra loro gli specialisti della stessa branca, ma sempre più frequentemente prevedono interscambi tra medici di discipline diverse per garantire al meglio la continuità delle cure al paziente. Ad esempio tra diabetologi e nefrologi per la gestione dei pazienti con insufficienza renale piuttosto che tra gastroenterologi e oncologi per la diagnosi del tumore al colon o al retto. Una 'contaminazione' dei saperi che ha prodotto anche delle vere e proprie nuove sottobranche specialistiche, come ad esempio quella del 'cardio-nefrologo'. Una iper-specializzazione che da difetto della moderna medicina diventa invece 'amica' del malato proprio perché al sevizio del lavoro in team.

 (da Dire - Abbonamento)

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