Il disastro ambientale nelle ex aree Italsider ed Eternit di Bagnoli, periferia di Napoli, rilancia l’allarme sui siti industriali più inquinati, un’eredità molto diffusa in Italia e nel mondo. Quali sono le altre Bagnoli d’Italia?
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L’Ilva di Taranto, naturalmente, con l’emissione di oltre cinque milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno e le raffinerie Sarde Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari, di proprietà della famiglia Moratti, la raffineria più grande d’Italia, con una capacità di produzione di 15 milioni di tonnellate annue di petrolio, ossia il 15% della capacità italiana di raffinazione. È una vera e propria città del petrolio addossata al paese di Sarroch, e molte case sono state costruite quasi a ridosso dei serbatoi.
E l’altra isola, la Sicilia?
Non si salva neanche lei, con il polo petrolchimico di Gela, quello siracusano (Augusta-Priolo) e le raffinerie di Milazzo (Messina). Queste aree sono state dichiarate «a elevato rischio ambientale» da uno studio dell’Istituto superiore di sanità, che ha osservato un’alta incidenza di patologie tumorali. I siciliani che lavorano o abitano attorno a questi stabilimenti industriali, secondo l’Iss, si ammalano soprattutto di «tumore maligno del colon retto, della laringe, della trachea, bronchi e polmoni». (... la stampa)
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