Berlusconi è condannato a 4 anni per evasione fiscale, ma i paradossi della politica italiana condannano noi all’ergastolo della sua presenza in scena. Perché una cosa è evidente: la sentenza ci rimette alla berlina in tutto il mondo, fa carne di porco degli alleati costretti a subire, ma non danneggia più di tanto il Cavaliere che, grazie alle larghe intese e alla “pacificazione” è già riuscito far eleggere un suo uomo, Giorgio Santacroce come primo presidente della Corte di Cassazione. Così possiamo essere ragionevolmente sicuri che la suprema corte cancellerà le pene accessorie, soprattutto quella di interdizione dai pubblici uffici, unico inciampo formale che potrebbe pararsi davanti alla carriera a vita.
Chi ne esce distrutto è proprio il Pd che dopo aver insistito per anni sul fatto che un leader condannato avrebbe avuto il dovere morale di uscire di scena, adesso che la condanna è arrivata, si chiude in un silenzio imbarazzato e colpevole, perché nel frattempo è diventato l’alleato di ferro del Cavaliere. Perché c’è la “necessità”, perché c’è Napolitano che telefona scatenato a tutti quelli che potrebbero creare casino, perché c’è Letta, l’Enrico sangue di rapa, perché non si vuole spaccare un partito che non esiste più. Nemmeno è capace di difendere il giudice della sentenza dai Brunetta, i D’Alessandro, gli Schifani che dotati del ciclostile della loro amorale stupidità, parlano di sentenza politica, di toghe rosse, non sapendo nemmeno che il magistrato è figlia di Guido Galli, ucciso da Prima Linea.
Dovrebbero farsi un po’ di schifani, soprattutto i berluschini del Pd che navigano a mosca cieca tra etica e politica e invece sono tutti presi dalle questioni interne, dalla reggenza, visto che non sono in grado nemmeno di fare un congresso o forse non vogliono farlo tentando di non bruciare quei pochi che potrebbero evitare al partito la fine del Pasok. Dovrebbero ragionare sul senso di un partito che si definisce di centro sinistra, ma fa solo cose di destra, si allea con Berlusconi e non è nemmeno capace di dirgli che la permanenza al governo con un leader condannato per evasione fiscale, è impossibile. Invece, da quel che si capisce. la soluzione che si nasconde dietro il silenzio di tomba, nemmeno scalfito da qualche narrazione vendoliana, è quella del salvacondotto, in maniera da sgombrare il campo della politica dal peso degli scheletri non più nell’armadio, ma bene in vista in tutto il mondo, suscitando l’impressione – purtroppo reale – che a un Paese così fatto si può imporre qualsiasi cosa. Come se tutta la politica di Berlusconi non fosse sempre stata altro che farsi gli affari propri.
Alla fine, come spesso accade, mentre il colpevole principale la scampa, i complici finiscono nel tritacarne. E in questo caso il silenzio è complicità. (simplicissimus)
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