Mali e Monti. Cambiano i governi, si alternano i ministri, ma la musica no. Lo spartito è sempre lo stesso: tagliare, tagliare, tagliare. Specie nei servizi pubblici, specie nel già martoriato Sud. Dal 12 dicembre, infatti, Trenitalia ha deciso di sopprimere tutti i treni a lunga percorrenza diretti al Mezzogiorno. Niente più soste in Puglia, Calabria, Sicilia. I convogli notturni si fermeranno a Roma. Altro che Bossi e Calderoli, nei trasporti la secessione la fanno Mauro Moretti e compari.
A tutto ciò, riferiscono preoccupati Filt Cgil di Puglia, Calabria e Sicilia, «bisogna aggiungere le decine di treni che verranno soppressi nel trasporto locale delle tre regioni in relazione ai tagli delle risorse previsti nella recente manovra Finanziaria e altri a lunga percorrenza ridotti nella composizione ed attestati a Roma». Per i sindacati, la responsabilità di questo «stillicidio senza precedenti nella storia del trasporto ferroviario italiano» è sia di Ferrovie dello Stato che «ragiona come una società privata che pensa solo al profitto», sia del governo che, «attraverso i tagli delle risorse fino al 70% per i prossimi anni, marginalizza le aree deboli e le
priva di qualsiasi prospettiva di sviluppo».
Anche l’Orsa, il sindacato autonomo aderente a Usb, non usa mezzi termini: «Il problema non è solo legato alla dismissione delle tratte a lunga percorrenza. Trenitalia intende ‘disumanizzare’ il lavoro, vorrebbe farci sottoscrivere un contratto che contempla, in spregio alle normative europee e nazionali, il passaggio da 36 a 42 ore settimanali. Per macchinisti e capitreno, per intenderci, non sarebbero contemplati festivi, riposi o quant’altro.
È vero che il Governo ha ridotto i fondi per Trenitalia, ma non possono pagare sempre e solo i lavoratori». L’azienda si difende ribattendo che «resta invariato il numero di collegamenti diurni». E se l’allarme posto dai sindacati riguardava in particolare l’offerta notturna, Trenitalia precisa che «questi convogli fanno parte dei cosiddetti Servizi Universali e, come tali, la loro programmazione è di esclusiva competenza del committente, cioè il ministero delle Infrastrutture». Insomma, solito scaricabarile. «È un colpo mortale al diritto alla mobilità – rilancia Nino Costantino, segretario calabrese della Filt - che inciderà in primo luogo sui pendolari, sui lavoratori dipendenti, sugli studenti (…). (da il Manifesto)
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