Il Tribunale di Milano ha stabilito che le arcorine, cioè le ragazze dei festini di Arcore, sono tutte parti offese. Tutte e 29, anche quelle che non ne hanno fatto richiesta: in base alla tutela della libertà della persona umana. Ora, è evidente che il reato di sfruttamento della prostituzione, se provato, è ripugnante per una società che pretende di considerarsi civile. Specialmente in questo caso, poi, coinvolgendo nel ruolo di satrapo una delle più alte cariche istituzionali, la pena dovrebbe essere esemplare. Tuttavia, considerare vittime il “manipolo di volontarie” che orbitava intorno a Villa San Martino come un nugolo di mosche intorno a una carcassa mi pare un’interpretazione un po’ stiracchiata.
Invece, pensare a tutto quel branco di iene che si avventava intorno al ragionier Spinelli per strappare una bustarella da diverse migliaia di euro – l’equivalente di diversi mesi di lavoro per un impiegato comune –, dopo avere ingaggiato battaglie all’ultimo sangue per stabilire chi avrebbe avuto il privilegio di passare la notte con il sultano, ottenendo così ingaggi più sostanziosi e magari qualche particina in tv, come a “parti offese, in base alla tutela della libertà della persona umana”, ecco: sarò arcaico, ma confesso che mi rende perplesso. Anzi, a giudicare dai commenti messi a verbale nelle chilometriche intercettazioni telefoniche, quelli dove il sultano veniva definito “culo flaccido”, “vecchio di m...” dalle stesse cortigiane che si prodigavano poi in sorridenti balletti in sua presenza, la tentazione di ripensare a chi abbia giocato il ruolo della vittima e chi del carnefice è un moto spontaneo dell’animo che non mi indigna.
Nessun commento:
Posta un commento