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martedì 29 novembre 2011

Il virus H5N1 creato in laboratorio


I ricercatori olandesi dell'Erasmus Medical Centre di Rotterdam, in laboratorio, hanno dato vita a una variante del virus H5N1, quello dell'influenza aviaria, potenzialmente in grado di sterminare più o meno la metà della popolazione mondiale grazie al suo elevatissimo grado di contagiosità.

Guidati dal virologo Ron Fouchier, gli scienziati olandesi hanno proceduto a cinque modificazioni genetiche per giungere al risultato: un agente patogeno così contagioso che potrebbe colpire e uccidere miliardi di persone in tutto il mondo. Per dimostrarne la pericolosità, i ricercatori ne hanno testato l'effetto su un gruppo di furetti, animali con un apparato respiratorio simile a quello umano.



La ricerca condotta da Fouchier rientra in un più ampio programma che punta a scoprire i meccanismi reali del virus H5N1, e un risultato simile è stato raggiunto anche da un team dell'Università del Wisconsin che ha collaborato con l'Università di Tokyo. Il dubbio che attraversa la comunità scientifica e non solo è ora l'opportunità o meno di pubblicare la ricerca, dal momento che alcuni paventano un suo utilizzo a fini terroristici o comunque per la creazione di un'arma biologica. Di questo parere è ad esempio Thomas Inglesby, direttore del Centro per la Biosicurezza dell’Università di Pittsburgh: “è solo una cattiva idea quella di trasformare un virus letale in un virus letale e altamente contagioso. E un’altra cattiva idea è quella di pubblicare i risultati delle ricerche che altri potrebbero copiare”.

D'altra parte, tuttavia, la ricerca potrebbe rappresentare un buon passo in avanti nella comprensione del virus, come suggerisce il virologo dell'Università di Milano Fabrizio Pregliasco: “non pubblicare lascerebbe i ricercatori al buio su come rispondere a un focolaio. Lo scambio di conoscenze è fondamentale per prevedere la reale gravità di una pandemia. L'aviaria era sì una 'bestia' nuova, ma non apocalittica. Con un maggiore scambio di conoscenze la diffusione di informazioni sarebbe stata più precisa e meno allarmistica”. (Italiasalute)

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