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mercoledì 9 novembre 2011

La schiavitù non è mai finita

Dietro praticamente ogni oggetto che compriamo, dal cibo all'abbigliamento all'elettronica, si nasconde un traffico enorme di sfruttamento e un cittadino medio che disponga di un laptop, una bicicletta e un equo numero di paia di scarpe puo' calcolare di avere 'sulla coscienza' un centinaio di schiavi che hanno lavorato per lui.

 E' quanto emerge da una indagine condotta dall'organizzazione no profit 'Slavery Footprint' ripresa dal sito dell'Huffington Post.
Il questionario, in 11 pagine, contiene un ampio pacchetto di domande che spaziano dal cibo, ai vestiti, gli hobby, l'eta', la casa, e scandaglia le modalita' di produzione di circa 400 articoli di consumo. Finalita' dell'indagine, effettuata in collaborazione con l'ufficio che si occupa della lotta al traffico di esseri umani al Dipartimento di Stato a Washington, e' informare i consumatori sul sistema di sfruttamento che si nasconde dietro praticamente tutti i prodotti che acquistano e al contempo esercitare pressione sulle grandi multinazionali affinche' rendano note le loro pratiche del lavoro.

 Un esercito di 27 milioni di schiavi - tanti quelli stimati oggi al mondo - hanno "contribuito a fabbricare ogni cosa che potete trovare, dall'armadietto medico in casa alla borsa di ginnastica". "La schiavitu' e' ovunque", ha dichiarato al sito il direttore esecutivo di Slavery Footprint, Justin Dillon. "E' in ogni prodotto" che entra a far parte della vita quotidiana di tutti. Prima di sviluppare l'organizzazione Slavery Footprint, Dillon si era gia' occupato del tema, con un documentario su Call + Response (associazione no profit impegnata nella lotta alla schiavitu') e fondando la Chain Store Reaction, una campagna che aiuta i consumatori a sollecitare le industrie a rivelare le loro procedure di produzione. Ispirata dal modo in cui la Chain Store Reaction aveva motivato la gente a scrivere oltre 100.000 lettere alle industrie, il segretario di Stato Hillary Clinton aveva chiesto all'organizzazione di sviluppare un modello al fine di calcolare l'intreccio fra consumatori e traffico umano.

Secondo Dillon, la definizione di schiavo: "chiunque è costretto a lavorare senza remunerazione, a essere sfruttato economicamente e che non è nella possibilità di dire no". Sulla carta, la schiavitù è stata dichiarata illegale nel mondo con la Dichiarazione universale di diritti dell'Uomo del 1948, ma nella realtà è tutt'altro che estinta e riguarda anche molti minori e le donne, sfruttate principalmente per la prostituzione.

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