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giovedì 24 novembre 2011

Retroscena dei silenzi della stampa



Gruppo di bolognesi in un interno: Gabriele Canè, condirettore di QN, Pierluigi Visci, oggi direttore del Resto del Carlino e di QN, Luca Cordero di Montezemolo e il deputato Pdl, Giancarlo Mazzuca

“Il 25 novembre 2010 la procura di Firenze sequestra un miliardo e 200 milioni di euro al patron della Menarini, Alberto Aleotti. Si scoperchia l’inchiesta: Lucia Aleotti, figlia di Alberto e anche lei indagata, prende il telefono e chiama alcuni giornalisti fiorentini per tentare di ridurre l’impatto della notizia. Il referente della donna sembra essere Gabriele Canè, condirettore di “Qn”. Quel giorno la “Nazione” – che fa parte di “Qn” – dedica due pagine al sequestro”.

Comincia così un pezzo de l’Espresso titolato “I domatori di giornali”, che si propone attraverso un esempio concreto di mostrare una delle strade attraverso cui i media possono essere condizionati. A un certo punto viene anche riportata una conversazione in cui Canè, dopo essersi lamentato di Franca Selvatici, antica giornalista de La Repubblica di Firenze, chiama il responsabile della concessionaria di pubblicità de La Nazione e fa capire che scrivendo troppo dello scandalo Aleotti si rischia di perdere inserzionisti. Ma a quale titolo viene fatta questa osservazione che suona quasi come la minaccia non di un condirettore, ma di un imprenditore pizzicato con le mani della marmellata?



Dal momento che conosco bene tutti i protagonisti della vicenda andrebbe forse detto ciò che l’articolo accuratamente nasconde facendo un po’ perdere il senso dei fatti riportati e cioè che Gabriele Canè è stato vicedirettore e direttore a più riprese del Resto del Carlino, della Nazione, del Giorno, direttore editoriale del Tempo e poi di Qn, tutti giornali dell’ex gruppo Monti, ora Riffeser, il più vicino da sempre a Berlusconi. Ma è stato anche candidato alla presidenza dell’Emilia Romagna nel 2000 per il gruppone Forza Italia, An, Lega. E per cinque anni ha fatto il consigliere regionale nelle file dell’Fi. Prima ancora è stato qualche anno al Giornale, sebbene in posizione di corrispondente estero e soprattutto è stato compagno di scuola di Casini e marito della figlia di Salizzoni un ras democristiano dell’epoca, il cui nome – si sussurrava – era inserito in una lista detta dei 500 comprendente personaggi con conti coperti in Svizzera. Forse non è un caso che proprio cercando la Lista dei ’500 si sia arrivati a quella della P2.

Anche senza riferire tutti questi particolari bastava semplicemente far notare l’appartenenza di Canè a un certo milieu berlusconiano, il solo che può giustificare la solerzia del giornalista nel cercare di minimizzare lo scandalo e anche la sua possibilità di arrivare alle leve pubblicitarie. Non dico di riferire che è l’azienda di famiglia del sindaco Renzi a curare lo strillonaggio della Nazione.
Forse è arrivato il momento di liberarsi di queste omertà professionali, di questi non detti che sono uno dei macigni della vita pubblica italiana.

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