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martedì 20 dicembre 2011

WTO: il mercato globale degli schiavi

Dieci anni fa, l'11 dicembre 2001, la Cina diventò Stato membro del World Trade Organization (WTO). Da allora la parola globalizzazione è una dura realtà per tutti. Il WTO è l'ennesima organizzazione sulla quale il cittadino non ha alcun controllo, ma che decide della sua vita. Un manipolo di burocrati detta, con il concorso delle lobby e delle multinazionali, le regole del commercio mondiale. Il suo direttore generale è Pascal Lamy, un illustre sconosciuto per i più. Chi lo ha eletto? Una media impresa di Vicenza o di Forlì può chiudere i battenti per una sua decisione.



Il WTO include 153 Stati, per gli altri non rimane che l'embargo. Il WTO è nato per favorire la libera circolazione delle merci e dei servizi, ma di fatto ha favorito la libera circolazione dei capitali di investimento. Le multinazionali hanno spostato la produzione dove costava di meno. In Paesi dove la parola "sindacato" non esiste neppure sul vocabolario, dove non vi sono regole contro l'inquinamento dell'ambiente da parte delle fabbriche, dove salari dignitosi e tutele per i lavoratori sono una chimera, ma dove c'è offerta di manodopera a basso e bassissimo costo. Anche infantile volendo.

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