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mercoledì 18 gennaio 2012

Battaglia a tassametro

Due opinioni, due voci dalla strada concitata dei taxi in rivolta
Massimo Pizzoglio e Rosella Roselli per il Simplicissimus
E siamo ormai alle minacce…

Ancora stamane, il presidente di una delle associazioni dei taxisti, invitato a placare gli animi degli scioperanti, diceva che certo la manifestazione doveva essere pacifica, ma, se non fossero state accolte le richieste (!), la reazione sarebbe stata durissima e…
Con quei puntini di sospensione mafiosi che lasciano presagire scenari apocalittici.


E il punto cruciale continua essere uno: il costo spropositato delle licenze, l’essersi indebitati per comprarle, l’aver fatto salti mortali per trovarne una.

Tralasciando un piccolo dettaglio trascurabile, che infatti è molto trascurato da media e politici e ai più sfugge: che le licenze, i comuni le hanno rilasciate gratuitamente.

E’ un po’ la favoletta del bambino che si reca al mercato con un cestino di uova e, strada facendo, fantastica su cosa può fare col ricavato della vendita di quelle uova.

All’inizio, neanche troppi anni fa, i comuni decisero che bisognava organizzare e verificare il servizio di auto pubbliche, decisero che dovevano corrispondere ad alcuni requisiti e, a conferma, avere ed esibire una licenza, che veniva rilasciata al puro costo di un po’ di marche da bollo e di segreteria.

Dapprima, vista l’esiguità dei numeri e del pubblico, non ci furono problemi, poi con l’aumentare delle richieste e del pubblico, i più anziani e i più arronzapopoli pensarono che bisognava mettere un freno alle concessioni, in nome di tutta una serie di scuse, neanche tanto plausibili, che i comuni, la cui piaggeria elettorale per le categorie organizzate è nota, accettarono.

E con il numero chiuso venne, ovviamente, dato un valore alle licenze, che non potevano più essere ottenute altro che acquistandole da taxisti che lasciavano.

Dapprima sottobanco, di nascosto, in nero ovviamente, poi, quando diventò (molto rapidamente) la prassi, in maniera aperta e, addirittura, ufficiale.

Oggi, in molti comuni, per cedere la licenza, che è nominativa, bisogna allegare l’atto notarile di cessione con importo e annessi.

E tutto questo senza imposizioni “dallo Stato”, ma semplicemente con il principio autostrangolatorio della lobby: essere miopemente egocentrica fino a soffocarsi.

Hanno creato un mostro autoreferenziale che per sostentarsi deve mangiare i suoi figli: comincia a indebitarti, poi, con i vincoli che ti creiamo noi, cerca di venirne fuori e quando ci sarai quasi comincerai anche tu a nutrirti dei successivi, in una spirale da conte Ugolino con la sindrome di Stoccolma, e grazie a dio che Larsson è morto, se no ci scriveva un’altra trilogia torrenziale.

(Piccola precisazione: stiamo parlando delle lobby de noantri, non delle vere, grandi e onnipotenti lobbies plutarchiche globali. Quelle le regole le fanno, non le subiscono.)

Ma le nostre lobbine casarecce, invece, con il loro potere mignon, devono minacciare, pretendere provvedimenti dallo Stato, cioè da noi tutti, anche da quelli che un taxi in Italia evitano di prenderlo o lo prendono per forza ma con la netta sensazione di essere presi per il collo (e il confronto con qualunque paese civile lo dimostra).

Pretendono risarcimenti da un danno che hanno costruito essi stessi, che hanno subito e perpetrato negli anni, facendone addirittura un vanto.

Hanno speso i soldi della vincita alla lotteria di un biglietto farlocco e stanno cercando di convincerci, qualcuno a suon di sganassoni, che invece era buono.

Non avrei mai creduto di dover assistere a quello che sta accadendo a giorni al centro di Roma e in altre città d’Italia. L’intera -o quasi- corporazione dei tassisti, sotto l’occhio benevolo di Loreno Bittarelli, presidente di Uritaxi e di Alemanno, presidiano e bloccano rumorosamente la capitale, manifestando non autorizzati sotto Palazzo Chigi e concentrandosi nella zona del Circo Massimo. Quasi impossibile, nell’intera giornata di ieri non solo prendere un taxi -i pochi in servizio hanno riparato nelle rimesse insieme ai loro autisti per paura di ritorsioni-, ma anche prendere un autobus -moltissime le linee deviate- e men che meno spostarsi in macchina.

Le immagini che abbiamo potuto vedere nei telegiornali ci rimandano la rabbia e la decisione di questi lavoratori, a Roma non particolarmente amati, nella difesa del proprio lavoro e del proprio futuro. Non voglio addentrarmi nei motivi per cui non sono particolarmente motivata a sostenere la “causa dei tassisti” , ho le mie convinzioni personali su questo e sicuramente non interessano granché.
“Monti attento, scateneremo l’inferno!”, questo il diktat tassinaro che grida dalle pagine elettroniche di Repubblica e dalla strada. E non c’è dubbio che potrebbero seguire atti ben più violenti di un parcheggio in sosta vietata collettivo o di qualche cartello sgrammaticato e surreale che indica Monti come l’ultimo comunista, o qualche petardo sparato in aria. Ben lo sanno i colleghi tassinari che si ostinano a circolare in questi giorni.

La celere schierata non interviene, forse per paura di rigare le auto bianche. Di vigili neanche l’ombra, ma a Roma si dice che quando ti servono non ci sono mai. Alemanno, troppo impegnato a sciogliere la Giunta comunale per la quarta volta da quando si è insediato, trova a malapena il tempo di fare una dichiarazione e un appello al Prefetto perché si intervenga.
Un trattamento ben diverso da quello riservato, in giornate ancora recenti, ad altri manifestanti a Roma.

Si vede che per Alemanno anche i manifestanti sono figli e figliastri. Durissimo con gli studenti, intransigente con i metalmeccanici, paterno con la comunità cinese, dispone della città -e della Giunta- come vuole. Probabilmente perché, pure nell’immobilità totale della città, sono altri i movimenti che lo interessano.

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