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mercoledì 11 gennaio 2012

La falsa pista della strage di via D’Amelio: La Boccassini e Genchi compresero che Scarantino era un falso pentito

La falsa pista della strage di via D’Amelio, che per molti anni ha inquinato la verità sull’ eccidio di Paolo Borsellino e degli uomini della scorta, sarebbe stata costruita a tavolino come un teorema investigativo. E solo dopo sarebbero stati trovati i pentiti e le «prove» a sostegno di una pista che solo ora si sta dimostrando infondata. Dall’inchiesta della Procura di Caltanissetta affiorano documenti e testimonianze sul «depistaggio».



Il quotidiano l’Unità ha anticipato che pubblicherà verbali, note e altri documenti da cui risulterebbe la volontà del gruppo di investigatori guidato da Arnaldo La Barbera, morto nel 2002, di portare in dibattimento una falsa verità. «Le carte – anticipa L’Unità – raccontano in diretta i contrasti sorti all’interno degli uffici giudiziari, tra chi quella falsa verità, arrivata fino in Cassazione, l’ha avallata e chi sostiene di averla bollata sin da subito come depistante». Tra le voci critiche c’erano quelle del pm Ilda Boccassini, che aveva chiesto l’assegnazione in Sicilia proprio per indagare sulle stragi, e l’ex vice questore Gioacchino Genchi. Nei loro verbali emerge uno scontro durissimo che si concluderà con il ritorno della Boccassini a Milano e l’abbandono di Genchi della squadra di La Barbera. Sia Genchi che Ilda Boccassini non avrebbero esitato di indicare Vincenzo Scarantino come un falso pentito. «Mi hanno manovrato come un orsacchiotto con le batterie», ha raccontato Scarantino. Nell’inchiesta sono da tempo indagati altri tre funzionari di polizia: Mario Bo, Salvatore La Barbera e Vincenzo Ricciardi. Ma la loro posizione dovrebbe essere archiviata. DA GDS

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