articolo di Giorgio Chiesa per Byoblu.com
Le città in cui viviamo non sono state progettate per i mezzi pubblici ma, per quanto la si possa odiare, appositamente per usare lei, l'automobile. Ci sono addirittura lavori che non esisterebbero senza le nefaste quattro ruote, come quello del commerciale, del rappresentante o del trasportatore. E poi potete comprarvi tutte le biciclette che volete, ma se vivete in una grande metropoli come Milano (dove le corsie per le due ruote sono una presa per i fondelli), ci sono cose che non farete mai senza una macchina. Anche solo per via delle distanze da percorrere o delle persone da trasportare (bimbi piccoli, genitori anziani e malandati che abitano magari fuori città e con i mezzi ci metterebbero almeno due ore all'andata e due ore a ritorno). Un buon sistema di trasporti pubblici, veloce e capillare, dispiacerebbe ai petrolieri e soprattutto agli amministratori comunali, i quali vedono gli automobilisti come una batteria di mucche da mungere in quella forma di tassazione poco esplicita ma molto redditizia che sono le multe.
E così, lo “straordinario” si fa ordinario e “l’inaccettabile” accettabile. Per esempio l'aumento progressivo ed inesorabile del prezzo della benzina. E non parliamo dell’ultima manovra di Mario Monti, ma di tutte le accise stanziate nel tempo a fronte di situazioni di emergenza, rientrate le quali lo Stato si è ben guardato dal rimuovere.
Ad oggi, infatti, il costo al litro nei distributori di benzina è condizionato da una tassazione che definire assurda appare come un eufemismo. Paghiamo ancora 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935; 14 lire per la crisi di Suez del 1956; 10 lire per il disastro del Vajont del 1963; 10 lire per l'alluvione di Firenze del 1966; 10 lire per il terremoto del Belice del 1968; 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976; 75 lire per il terremoto dell'Irpinia del 1980; 205 lire per la missione in Libano del 1983; 22 lire per la missione in Bosnia del 1996; 0,020 euro per rinnovo contratto autoferrotranviari 2004; 2 centesimi per il Fondo unico per lo spettacolo 2011; 4 centesimi per far fronte all'emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011; 9,9 centesimi per la manovra economica Monti del 2011. Fanno 0,35 centesimi al litro in tutto. Ovvero, quasi venti euro in più per ogni pieno da 90. Di cui 2 euro, ad esempio, per l'emergenza immigrati dalla libia, o 60 centesimi per la missione in Bosnia, o ancora 5 euro e mezzo per la missione in Libano di trent'anni fa!
Siamo come i precari, disposti cioè a sopportare tutto senza lamentarci mai, purché ci lascino la speranza di poter tirare fino alla fine del mese. E' una forma di “precariato della mente”. Come potremmo accettare, altrimenti, di versare ancora 1,90 lire su ogni litro di benzina per pagare la guerra d’Abissinia voluta da Benito Mussolini? E come potremmo accettare, senza battere ciglio, che dal 2008 il prezzo della benzina sia aumentato di 15 centesimi al litro mentre quello di un barile di petrolio, considerati i cambi, nello stesso lasso di tempo sia diminuito di 19 euro? Forse potremmo chiedere all'ENI, società che raffina e distribuisce benzina di cui il Ministero dell'Economia e delle Finanze (presieduto da Mario Monti) detiene il 3.93%?
E come se tutte queste accise non fossero già, per definizione stessa, tasse, lo Stato ha sfidato ogni logica, oltre alla nostra proverbiale capacità di sopportazione, inventandosi le tasse al quadrato. Ovvero tasse sulle tasse, perché sulle accise sulla benzina paghiamo anche l'Iva, che abbiamo appena aumentato al 21% e che prossimamente porteremo al 23.
Ecco, forse, perché non fanno le piste ciclabili. I comuni dovrebbero rinunciare alle multe. Lo Stato alle gabelle sulla benzina. I petrolieri ai loro imperi economici. E noi dobbiamo sempre mantenere tutti, mentre l'aria si avvelena, i tumori organizzano circoli di bridge nei nostri polmoni e le chiazze oleose distruggono gli ecosistemi marini.
Ad Amesterdam è pericoloso attraversare la strada. Se lo fate incautamente vi tirano sotto. No, non le auto: le biciclette. Ed è solo un esempio tra le tante capitali europee. Poi vi risentite se qualcuno dice che il nostro è un paese a forma di cesso.
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