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martedì 7 febbraio 2012

Figli di papà e figli di…

Licia Satirico per il Simplicissimus

I blog della famiglia Martone vibrano d’indignazione nei confronti di Marco Travaglio, che in una puntata di “Servizio Pubblico” avrebbe divulgato notizie inesatte e fuorvianti sia nei confronti di Antonio, magistrato di potere implicato nell’inchiesta P3, che dell’ormai notissimo Michel, ordinario prodigio e viceministro del lavoro. Scomodando Primo Levi, Martone junior titola il suo intervento “se questo è un giornalista”, lasciandoci nel dubbio che voglia rinchiudere in un lager il destinatario della sua invettiva.


Una lettura incrociata delle dichiarazioni di padre e figlio finisce però per confermare la maggior parte delle informazioni circolate in questi giorni sulla stampa. Si tratta spesso, infatti, di puntualizzazioni e non di vere e proprie smentite, accompagnate da dettagli ameni. La libagione di Antonio Martone con Verdini diventa un caffè: Michel rivela che “c’era il sole e non la luna” e che il luminoso idillio è stato bruscamente interrotto dalla presenza di un Flavio Carboni innervosito dal terzo incomodo. I rapporti con Cesare Previti si concretano in un unico incontro risalente nel tempo. Le relazioni con Brunetta sono risalenti a stima ventennale, tradottasi in ineccepibili criteri di assegnazione agli stimati di incarichi e consulenze. Da Martone senior è negato in modo drastico ogni accordo con Pasquale Lombardi, Arcangelo Martino e Marcello Dell’Utri in vista di un adeguato piazzamento professionale di colui che, con espressione formidabile, è stato definito da Martino “il figlio rampicante”.

Dal canto suo, il giovane Michel lamenta che i giudizi sul suo concorso siano stati estrapolati ad arte dal loro contesto col copia-incolla e smentisce il mobbing della professoressa Fornero, con la quale sarebbe in atto una proficua e delicata collaborazione in vista della riforma del mercato del lavoro. Il fatto che Martone abbia una delega alle politiche “attive e passive” del lavoro non ci lascia tranquilli sui destini dell’articolo 18.

Personalmente non accetterei da Verdini neanche un passaggio in ascensore, ma non è certo per questo che la duplice querelle Travaglio-Martone è degna di nota. Le dichiarazioni infelici della Cancellieri sul familismo da posto fisso hanno scatenato in rete polemiche di ogni tipo. Non sono mancate frecciate ai soliti disfattisti pronti ad accusare i figli d’arte, anche se meritevoli, per partito preso.

Il fatto è che nelle parole del ministro degli Interni si ravvisa una caratteristica tutta italiana: per molti la famiglia è uno strumento di welfare improprio, per pochi eletti un improprio strumento di radicamento socio-istituzionale. Indifferenti a crisi e recessione, i “figli rampicanti” affrontano carriere di sicuro successo protetti da genitori di sicuro successo: sono piante inestirpabili amorevolmente seguite dalle cure di chi le innaffia. Il figlio di Annamaria Cancellieri, Piergiorgio Peluso, 43 anni, ex dirigente Unicredit, è ora direttore generale di Fondiaria-Sai: il suo stipendio è di circa 500.000 euro annui. Silvia Deaglio, 37 anni, figlia di Elsa Fornero, è professore associato di genetica medica presso l’Università di Torino, dove insegnano entrambi i genitori, e guida una fondazione finanziata anche dalla Sanpaolo, di cui la madre era vicepresidente. Il figlio di Mario Monti, Giovanni, a poco più di vent’anni era associato per gli investimenti bancari in Goldman Sachs. È stato vicepresidente di Morgan Stanley e di Citigroup e ora, a 39 anni, è un dirigente della Parmalat: il suo curriculum è stato precipitosamente rimosso da Linkedin dopo le esternazioni del padre sulla monotonia del posto fisso.

Sembra che il nostro esecutivo abbia con le banche intese anche parentali. Beninteso, non stiamo parlando di figli incapaci o immeritevoli, ma di prole precoce sia nell’inserimento nel mondo del lavoro che nelle opportunità professionali. Né si può risolvere ogni polemica rifugiandosi dietro la trasparenza delle procedure di selezione, poiché alla trasparenza del mezzo non sempre si accompagna quella del fine. L’equità, chimera dell’attuale governo, dovrebbe passare anche attraverso le chances negate a legioni di giovani brillanti dal cognome oscuro, condannate a vivere di ciò che Elsa Fornero, ministro delle pari opportunità, chiama “illusioni”.

I figli d’arte sono sempre esistiti e sempre esisteranno, in senso buono e in senso cattivo. Gli accademici consumati sanno però che la loro percentuale non deve superare il livello di guardia, pena lo stravolgimento degli equilibri sociali. Noi siamo vicini all’onda di piena.

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