Nuove prospettive di cura per le patologie cardiache vengono da una scoperta italiana sui cardiomiociti. La ricerca, nata dalla collaborazione tra Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma e Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico MultiMedica di Milano, dimostra per la prima volta che i cardiomiociti – le cellule del cuore - possono essere una fonte di cellule staminali con caratteristiche ‘differenziative’ vantaggiose rispetto ad altre staminali.
La ricerca, condotta dai ricercatori Roberto Rizzi e Claudia Bearzi, è stata pubblicata sulla rivista Cell Death and Differentiation. “I cardiomiociti hanno capacità proliferative minime se non assenti e ciò significa che a seguito di danno ischemico cardiaco, come per esempio nell’infarto, si crea una cicatrice riducendo la capacità funzionale del cuore, situazione nota come scompenso cardiaco”, spiega Roberto Rizzi. “Il nostro lavoro ha dimostrato che, attraverso l’introduzione di geni fetali all’interno del genoma di cardiomiociti post-natali, è possibile ricondurre queste cellule già differenziate a uno stato embrionale.
Una volta ottenute le staminali dai cardiomiciti, queste sono state indotte a differenziare nuovamente in cellule cardiache battenti. La ricerca ha messo in evidenza che le cellule multipotenti indotte ottenute dai cardiomiociti hanno una capacità maggiore di ridiventare nuovamente cellule cardiache contrattili, rispetto ad altre cellule staminali, e ne ha definito le basi molecolari stabilendo che questa ‘memoria’ dipende da pochi geni”.
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