Il grado di civiltà di un Paese lo si misura dalle condizioni del lavoro e dal sapere che in quel lavoro è contenuto. Il grado di indipendenza dei media si misura dalla capacità di non appiattirsi e inchinarsi ad ogni miseria dei loro padroni e di non nasconderne gli interessi. La capacità di innovazione e progresso la si misura in ragione inversa alla quantità di gabole e raggiri intorno al lavoro.
Bene tutte e tre le cose scoprono l’inciviltà nella quale stiamo sprofondando. Il governo che parla e si muove in Italia, ma i cui fili vengono tirati altrove, ha stabilito che il lavoro in affitto per chi è disoccupato da più di sei mesi o è un “lavoratore svantaggiato” espressione che dovrà essere chiarita fra tre mesi, potrà essere “somministrato” senza alcuna causale. Il che significa che si può venire affittati senza sapere né come, né perché, né per quanto e nemmeno cosa si va a fare. Lavori umili per disperati o lavori che sfruttano in maniera indecente. Non è una novità assoluta: già in passato è stato fatto con i brillanti risultati che vediamo. Ma se prima si trattava di una emergenza, adesso diviene una delle colonne portanti della politica del lavoro e della sua precarizzazione: una mantra già fallito e del tutto inutile in Italia.
da: ilsimplicissimus2
Certo è tutto grasso che cola per i padroncini delle ferriere, per le agenzie che si occupano del settore e anche per la statistica di stato che potrà alterare la realtà e parlare di occupazione, quando invece si tratta di situazioni di pura sopravvivenza. Lavoro povero per un Paese impoverito dagli squali: tutto il contrario di quella “competenza” che ci vorrebbe per uscire dallo scacco in cui siamo. Ma abbiano noti e sobri economisti che sono degli asini assoluti in matematica, cosa ci aspettiamo se non l’umiliazione della civiltà a fini statistici e mediatici.
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