Quarantacinquemila posti letto tagliati in 10 anni, soprattutto nelle strutture pubbliche. Attese nei pronto soccorso anche di 12 ore. Carenza cronica di personale e difficoltà a essere trasferiti in un vero posto letto se si rende necessario il ricovero. E, più in generale, un incremento del ricorso alle strutture private accreditate in 12 regioni su 20. E’ quanto emerge dai dati dell’Annuario statistico del ministero della Salute elaborati da Quotidiano sanità. Numeri che evidenziano come la riforma della sanità abbia finora portato principalmente tagli di posti e piani di rientro (con ulteriore ridimensionamento dell’offerta sanitaria in quasi la metà delle regioni), lasciando ancora sulla carta la cosiddetta “medicina del territorio” che dovrebbe fungere da collegamento tra ospedale e cittadino, assicurando cure e assistenza h24 soprattutto a chi soffre di patologie non acute.
I dati di Quotidiano sanità fotografano una rete ospedaliera vicina al collasso in molte zone del Paese, soprattutto in grandi città come Roma, Napoli o Torino, dove la riduzione dei letti in corsia, la chiusura dei piccoli ospedali e la mancanza di strutture di riferimento sul territorio sta portando all’intasamento dei Pronto Soccorso, con il moltiplicarsi di situazioni limite come quelle del San Camillo o del il Policlinico Umberto I di Roma, finiti nelle cronache delle ultime settimane. 45mila posti letto in meno: tanto è stato tagliato tra il 2000 e il 2009, il 15,1% del totale. Si è passati dal rapporto di 5,1 posti letto ogni mille abitanti di 12 anni fa al 4,2 attuale (di cui 3,6 per mille dei letti per acuti e 0,6 per mille per le lungodegenze). Un dato che ci pone sotto la media europea, che è di 5,5 per mille. I tagli maggiori si sono avuti in Sardegna (-22,6%), Friuli Venezia Giulia (-21%), Puglia (-20,2%) e Lazio (-18,8%). Quelli più modesti invece in Campania e Abruzzo.
Triplo dei tagli nel settore pubblico: a risentire maggiormente del calo di posti letto è stato il settore pubblico, dove in media, a livello nazionale, il ridimensionamento è stato del 17,2%, cioè più di tre volte di quanto tagliato nel privato, dove le riduzioni hanno riguardato solo il 5,3% dei letti delle case di cura private accreditate. Tuttavia, analizzando solo il dato del privato per singola regione si scopre che appena otto regioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Calabria e Sardegna) hanno ridotto i posti letto nel privato, mentre tutte le altre realtà locali hanno incrementato il ricorso al privato accreditato con picchi di oltre il 50% in Liguria, Abruzzo, Molise, Basilicata. Numeri che hanno fatto spostare di ben due punti la bilancia del rapporto tra posti letto pubblici (dall’82,8% del 2000 al 80,8% del 2009) e posti letto nel privato accreditato (dal 17,2% del 2000 al 19,2% del 2009), a tutto vantaggio di quest’ultimo, come si può intuire.
Dodici ore di attesa, anche in piedi: nelle strutture d’emergenza-urgenza italiane il problema principale è quello delle attese e delle barelle aggiunte nei corridoi per la mancanza di posti letto, come rileva un’indagine condotta dal Tribunale del Malato, insieme all’Anaao-assomed (il principale sindacato dei medici ospedalieri), che ha fotografato la situazione di 70 strutture, di cui i due terzi nelle regioni centrali. Se per l’accesso al triage (cioè l’assegnazione del codice bianco, verde, giallo o rosso) si aspetta infatti da pochi minuti a mezz’ora, per la presa in carico i tempi sono molto più lunghi. Un codice giallo può aspettare fino a 5 ore dopo il suo arrivo al Pronto Soccorso, mentre un codice verde fino a 12 ore. Un’attesa che molte volte si fa in piedi. Anche se sale d’attesa con posti a sedere sono presenti nel 98,5% delle strutture, i posti sono insufficienti.
In 24 pronto soccorso, si legge nell’indagine, si sono trovati da un minino di due ad un massimo di 10 malati in piedi in attesa. Mentre chi deve essere ricoverato, nel 37,7% dei casi aspetta più di sei ore per avere un posto letto. (il fatto quotidiano)
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