Chi pensa che l’abolizione dell’articolo 18 serva davvero a far crescere l’occupazione si accontenta delle sciocche menzogne che gli raccontano. Ma chi pensa che l’abbattimento di un simbolo delle tutele sia solo un puntiglio ideologico si sbaglia di grosso: il liberismo sa come servirsi di una disoccupazione, magari supportata da sussidi, ma senza diritti. E non è un caso che la Bce e l’Fmi premano tanto per questo.
L’evidenza è esplosa proprio in questi giorni in Gran Bretagna, dove il Guardian ha scoperto (qui) che i disoccupati che dovrebbero essere impiegati in servizi di pubblica utilità vengono in realtà utilizzati gratuitamente per lavori di routine e di facchinaggio nei negozi o per i servizi domestici in case private, alle volte persino nelle case dei funzionari di agenzie, come Avanta, che dovrebbero trovare loro un’occupazione. Non si possono rifiutare, pena la decurtazione o la perdita del sussidio di disoccupazione.
Il fatto è – questa è la cosa importante – che i lavori a cui sono chiamati i disoccupati dovrebbero essere di “beneficio alla comunità”, ma il governo Cameron ha stabilito che tale beneficio può essere inteso come un aumento del profitto delle organizzazioni in cui vengono inviati i disoccupati a lavorare senza retribuzione. E’ in sostanza la negazione stessa del concetto di pubblico e di società, sostituito completamente dal profitto privato di fronte al quale lo stato è solo l’ufficiale pagatore e il cane da guardia dei privilegi. Si tratta del culmine al quale è arrivato il liberismo e i cui echi cominciano a sentirsi anche da noi, nei silenzi esoterici e imbarazzati di Monti, quanto nelle imbarazzanti dichiarazioni della Fornero, che finalmente si svela per quello che è: una modesta e confusa arrivista che finalmente può usare per la sua carriera solo il pelo sullo stomaco.
La pubblica utilità del profitto si rivela nient’altro che un processo a catena di schiavizzazione: il lavoro gratuito dei disoccupati è servito finora ad abolire gli straordinari e a licenziare altra gente, alimentando così altro lavoro gratuito. Qualcosa di simile, anche se ancora non di così sfacciato sta avvenendo da un anno anche in Germania: i disoccupati sono forzosamente impiegati in lavori (qui ancora formalmente di pubblica utilità) retribuiti un euro lordo l’ora. Lo scopo in questo caso è di far comparire nelle statistiche un basso livello di disoccupazione e cercare di tenere in piedi un minimo di consenso per la Merkel. Ma ci sono forti pressioni del sistema produttivo per arrivare al sistema inglese.
Ma anche da noi si comincia a delineare questo mondo. Non solo attraverso lo scasso dell’articolo 18, ma anche sacrificando al profitto persino la sicurezza, che naturalmente come direbbe Monti, non è un tabù. E’ di oggi la notizia che il governo nel decreto semplificazioni intende sopprimere o ridurre i controlli sulle imprese in possesso della certificazione di qualità Iso9001. La quale peraltro come colpevolmente sanno o magari incompetente ignorano quelle teste di legno governative, non si occupa di parametri che riguardino la sicurezza del lavoro. Prova ne sia che la Thissen Krupp, quella del rogo applaudito da Marcegaglia era bella certificata 9001.
Mi chiedo se queste cose le sanno o le leggono quei brandelli di sinistra rimasti e se davvero ritengono di poter scendere a patti con questa idea del lavoro, con questa distruzione della democrazia e della dignità. Mi chiedo, fino a che punto pensano di poter ingannare i ceti popolari e se stesse, facendo finta che l’abolizione delle tutele sia “necessario” al lavoro, quando con tutta evidenza è necessario a uno sfruttamento intensivo della disoccupazione.
Qualche decennio fa l’Occidente insorse alla notizia che i gasdotti siberiani venivano realizzati anche grazie al lavoro gratuito dei prigionieri dei gulag. Sembrava che fosse una ribellione in nome della civiltà, ma adesso ci accorgiamo che probabilmente era solo invidia di un capitalismo già alla ricerca di nuovi schiavi.
Il simplicissimus
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