Un valzer di badge ed un ping-pong di favori tra colleghi. Gli infermieri che timbravano per i medici, questi ultimi che restituivano il piacere, presenze “fantasma” tra gli amministrativi, vere e proprie coppie fraudolente che prendevano in giro i registri automatici delle presenze. In un solo mese di controlli accurati i carabinieri hanno registrato 93 assenteisti, ancora presunti finchè non si pronunceranno i giudici, alcuni particolarmente «truffaldini» secondo l’accusa. Per 27 di loro la procura ha chiesto la sospensione dal lavoro.
Nel luglio dell’anno scorso, complice il gran caldo e l’incontrollabile voglia d’andare al mare, tra i dipendenti dell’ospedale c’era tanta allegria. Un centinaio di persone in appena 30 giorni ha scelto di truffare l’Asp scambiandosi i badge: oggi io timbro per te, domani lo farai a me. Una logica perversa che ha fatto scattare indagini accurate dopo che un primo controllo dei carabinieri all’ospedale aveva accertato che il sistema truffaldino era stato adottato da una dottoressa che dopo aver timbrato intorno alle 8 del mattino era uscita dal nosocomio risalendo in macchina per andare allo sportello postale.
C’è stato il caso del paramedico che aveva chiesto al collega di timbrare per lui, e beneficiava del dono dell’ubiquità: risultava in servizio nel suo reparto, ma in realtà era dal barbiere a farsi fare l’ultima sfumatura ai capelli brizzolati. Beccato anche lui dai militari dell’Arma: carabinieri della Compagnia lametina e Nas di Catanzaro. Il terreno è fertile, hanno pensato gli investigatori guidati dal comandante Stefano Bove.
L’ospedale è finito nel mirino: controlli a tappeto in tutti i reparti e gli uffici, videocamere nascoste e appostamenti dentro e fuori il “Giovanni Paolo II”. Il buon papa diventato beato ha assistito per chissà quanto tempo i dipendenti assenteisti, ma tra giugno e luglio dell’anno scorso l’assistenza è finita. Tra gli indagati ci sono 14 medici: Antonio Vescio, Maria Muzzi, Giovanni Ascioti, Gregorio Izzea e Giuseppe Di Leo di radiologia, Rosa Leone di microbiologia, gli anestesisti Anna Maria Mancini e Giuseppe Stagliano, l’analista Domenico Fusto, Caterina Aiello di oncologia, la nefrologa Maria Campolo, Sisto Vecchio del centro trasfusionale, il medico legale Carmine Barberio, e Natale Buccinnà. Sott’inchiesta anche le biologhe Luigia Fanelli, Vilma Villella e Vincenzina Caruso, ed il fisico Francesco Bonacci. Tra gli amministrativi è finito nell’inchiesta Salvatore De Biase, segretario aziendale della Uil, con 15 assenze in meno di un mese.
Secondo gli investigatori avrebbe fatto timbrare il suo badge dall’ausiliaria Gabriella Natale. Nello stesso mese dell’indagine, tra giugno e luglio scorsi, per 6 volte il dottor Antonio Vescio si faceva timbrare il badge dai collaboratori Lorenzo Cordova, Pasquale Cullice e Daniela Gullì. A volte ricambiava il favore.
Per una decina di episodi lo scambio s’è ripetuto tra i tecnici di laboratorio Lorenzo Cordova e Franco Belvedere, e tra Domenico Caruso e Caterina Di Leo. Un “do ut des” che faceva comodo a tanti, come tra i medici Maria Muzzi e Giovanni Ascioti, a giorni alterni. Alcune volte i sistemi di controllo non hanno funzionato al meglio, le facce dei timbratori “professionisti” non sono state identificate. Ma la sostanza è che i titolare dei badge di fatto non erano sul posto di lavoro. Ad esempio un uomo sconosciuto in giugno per tre volte avrebbe timbrato la tessera magnetica che gli aveva dato Anna Maria Mancini, dirigente medico del reparto di anestesia e rianimazione. Lo stesso è accaduto per una donna rimasta non identificata che avrebbe passato tre volte il badge di Giuseppe Stagliano, anche lui anestesista.
Gli interrogatori per i 27 indagati considerati abituali dagli inquirenti partiranno nella prossima settimana. Affiancati dai loro avvocati dovranno spiegare al Gip il perchè di quelle assenze, e soprattutto per quale motivo ricorrere al favore dei colleghi di turno affidandogli il proprio badge. Vinicio Leonetti - GDS - enricodigiacomo.org
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