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giovedì 29 marzo 2012

Occupy Tg4

E’ davvero straordinario come in questo Paese non ci siano le piazze piene come altrove, quasi non esistano dei  movimenti di alternativa al sistema, se non quelli che si coagulano attorno a qualcosa di specifico, ma esista un Occcupy Tg4, realizzato da un fedele di Berlusconi che a 81 anni non vuole lasciare la sedia sulla quale si è insediato da tempo ormai immemorabile.

Il Mario Appelius del regime berlusconiano, l’amico di killeraggi e di spassi che è stato Emilio Fede, è chiuso dentro l’ufficio come in una ridotta, forse sperando di muovere a commozione Silvio o di rimanere protagonista attraverso  un’azione clamorosa, magari propulsiva per una sua discesa in politica.

Ora la cosa è talmente curiosa, penosa, patetica che in realtà non merita commenti se non quello che in un Paese normale la carriera giornalistica di Emilio Fede si sarebbe chiusa all’indomani della suo coinvolgimento in una squallida vicenda di gioco d’azzardo e di polli da spennare. Però come il resistente di Palazzo dei Cigni dimostra, non siamo in un Paese normale. Per molti motivi: perché Fede rappresenta al peggio molto di questi decenni: la ricerca spasmodica di un padrone da servire e magari da fare fesso dietro le spalle, la doppia morale, l’opportunismo che lo portò a sposare la figlia del vicepresidente della Rai dove lui lavorava, pur essendo un noto e incallito bel ami a cui mancava solo il bilbocchetto, una mortale allergia alla realtà e alla verità che non desse ragione al suo editore, l’ipocrisia di una amicalità che era invece dipendenza e sfruttamento allo stesso tempo.
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