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lunedì 23 aprile 2012

C’era una volta il diritto alla salute

Ticket, tagli nei trasferimenti alle regioni, drastica riduzione dei servizi agli anziani e all’infanzia. Il rapporto  “Osservasalute” documenta l’agonia del Servizio Sanitario Nazionale. Che sconteremo sulla nostra pelle.


E pensare che il nostro era tra i migliori Servizi sanitari del mondo. Che gli italiani svettano nelle classifiche internazionali per lunghezza della vita e della vita libera da malattie. Che ci venivano dall’estero a vedere com’era bello ed equo il nostro servizio (anche se con le consuete disparità ben note, con i picchi alti in Emilia-Romagna e Toscana e quelli più bassi in Campania o in Calabria). Piange il cuore a vedere che politici (e professori) incompetenti, rapaci e troppo ricchi per capirne il valore lo stiano uccidendo. Ed eravamo stati facili profeti noi de “L’Espresso” con la nostra cover story “Ci tagliano la salute” (numero 20 del 2011). Avevamo fatto un po’ di conti e scoperto che, nonostante i mille proclami, c’erano sempre meno soldi per il servizio sanitario pubblico. Così è stato. Oggi il rapporto della Cattolica “Osservasalute” dà conto dello scempio avvenuto.
Vi si legge di come la crisi impatta sulla qualità dell’alimentazione degli italiani. Di come, storicamente, in tempi di crisi aumentano le malattie mentali ( e già lo psichiatra veronese Michele Tansella lo aveva scritto sul nostro giornale del 29-03-2012, “Se la crisi batte in testa”). Ma, soprattutto, vi si legge chiaramente che i soldi per il Ssn sono sempre meno. E sempre meno saranno: «è stimato in 17 miliardi di euro nel 2015 il gap cumulato totale tra le risorse necessarie per coprire i bisogni sanitari dei cittadini e i soldi pubblici, che presumibilmente il SSN avrà a disposizione».
A rimetterci è in primo luogo la prevenzione: le regioni alle corde limitano gli screening contro i tumori, tagliano i fondi alle attività che frenano infarti e ictus, e così via. Ne moriremo? Penso di sì. Ma non solo: a rimetterci sono poi gli anziani. Meno residenze assistite convenzionate vuol dire più vecchietti in carico alle famiglie o abbandonati. Meno fondi all’assistenza domicialiare vuol dire chiaramente che chi non ha i soldi muore prima.
Sento già i soliti scemi tirar fuori il discorso degli sprechi in sanità che di certo ci sono, ma a me sembra miope usarli per fornire argomenti a chi vorrebbe smantellare il Ssn e sostituirlo con cliniche private e assicurazioni sanitarie. Mi piacerebbe invece che si identificassero con precisione millimetrica e si eliminassero, come in gran parte si è fatto in alcune regioni. Come mi piacerebbe che andassero in galera tutti quelli che lucrano sui soldi pubblici destinati alla salute degli italiani. Perché sono convinta che sprechi e ruberie sono solo effetti collaterali della migliore delle cure possibili, il sistema sanitario universale (ovvero per tutti).
E poi, anche se non si condivide il mio entusiasmo per il ssn, resta il fatto inoppugnabile che la crescita della spesa sanitaria pubblica in Ialia è molto al sotto della media della Ue a 15. Insomma: per mantenere la gente in salute servono soldi e ne servono sempre di più perché le nostre popolazioni invecchiano (e non solo per questo). Gli altri paesi europei lo riconoscono, l’Italia no. E c’è da scommettere che tra qualche anno le statistiche di mortalità e morbilità lo rileveranno contando morti e feriti sul campo.

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