L'arroganza del potere ormai è senza confini. I giornalisti non fanno più le domande anche perché tanto le risposte non arrivano. Se un cronista, per sbaglio, non si accontenta del solito giro di parole fumoso che non risponde e pretende di esaurire la questione, viene umiliato.
Roberto Formigoni, quello che se-non-fai-le-vacanze-di-gruppo, possibilmente alle Antille mangiando aragoste, sei uno sfigato (del resto ieri Ombretta Colli da Lerner è stata chiara: "Alzi la mano chi non ha mai fatto le vacanze in barca?"), è stato apostrofato da una giornalista di Telelombardia. La poveretta gli ha chiesto se i soldi con i quali Daccò gli pagava le vacanze li avesse restituiti con sistemi tracciabili o meno. Il presidente della Regione Lombardia, con tutta l'arroganza della seconda Repubblica che tramonta, ha continuato a rispondere fischi per fiaschi. Ffinché, vista l'inaudita insistenza della signorina, l'ha invitata a prendere lezioni di giornalismo. Forse ha dimenticato di aggiungere "prezzolato", che è la sola branca di pennivendoli con cui in Italia i politici siano disposti a dialogare.
Alla fine, requisito il microfono, si è risposto da solo, confortevolmente, come voleva lui. Una scena in cui è racchiuso un intero ventennio, quello berlusconiano, che ci ha consegnati mani e piedi legati nelle mani di Mario Monti e della speculazione internazionale. I colpevoli ce li avete davanti agli occhi, mentre fingono di non avere ancora capito che i loro giorni sono finiti.
Meglio sarebbe se, oltre a defilarsi alla chetichella, venisse istituito un tribunale per addebitare loro l'ignavia o l'incompetenza con le quali hanno permesso che tutto ciò accadesse, senza muovere un dito. In Islanda li stanno processando proprio in questi giorni.
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