
Però il gruppo guidato da Massimo Arlecchino, cinque pensatori tutti di osservanza fascio finiana, tra cui anche Umberto Croppi, mica è stato con le mani in mano: si è dato da fare e ha girato il mondo per vedere come sono organizzati altrove musei ed esposizioni, immagino in compagnia di mogli, segretarie, collaboratrici. Quindi non si sa se la scelta di Malinconico derivi dal voler creare una discontinuità con Arlecchino o dalla volontà di permettere all’ ex sottosegretario di farsi laute vacanze senza interventi di sconosciuti finanziatori esterni che – zac -staccano l’assegno prima che uno riesca a pensare.
Passera che è il regista del recupero di Carlo il viaggiatore, balbetta di spending review , il nuovo totem verbale governativo, per giustificare la nomina, ma senza minimamente chiedersi la ragione di esistenza di questa Fondazione che è stata sette anni ad elaborare e ponzare, senza alcun risultato tangibile, se non per il gruppo di lavoro. Ed evidentemente al ministro premeva così tanto sistemare Malinconico che ha commissariato senza averne la facoltà che per un ente di diritto privato spetta al prefetto. Proprio questa è la cosa più spiacevole: la volontà pervicace e arrogante di non lasciare a piedi amici e compari incappati in “incidenti” opachi e risibili, la permanenza di enti del tutto parassitari in un momento drammatico, la dicono lunga sulla qualità dei tecnici e sul loro spirito di casta.
Ecco dove si arena e agonizza il valore Italia: in orrendi carrozzoni inutili e mangiasoldi per sistemare i complici del sistema. E purtroppo nemmeno in questo c’è la minima traccia di innovazione.
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