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domenica 13 maggio 2012

Scire – Post 109: Apriamo il forziere dei trial

Apriamo o no il forziere dei dati grezzi dei trial randomizzati e controllati regolatori che oggi è custodito dalle agenzie che autorizzano l’immissione in commercio dei farmaci? Il tema è gia stato affrontato dal Blog Scire nel post 105 intitolato “La dura vita del revisore sistematico” e adesso compare un importante confronto sulla rivista PLoS Medicine  a firma di alcuni esponenti di tali agenzie regolatorie, tra cui Guido Rasi dell’EMA (European Medicines Agency). La questione è affrontata con un confronto aperto, che mette in evidenza le ragione del perché si dovrebbero e perché non si dovrebbero rendere pubblici questi dati.
 Argomenti a favore:
  • Un innegabile beneficio per la salute pubblica, dal momento che una volta messi a disposizione, questi dati potrebbero essere rianalizzati da tutti gli studiosi, senza che si debba dipendere esclusivamente dall’interpretazione dei dati che viene fatta dallo sponsor del trial e dall’agenzia regolatoria. Come è emerso più volte negli ultimi anni, l’uno e l’altro possono essere fallaci e influenzati da importanti conflitti d’interesse
  •  La disponibilità dei dati grezzi dei trial potrebbe essere di grande aiuto direttamente a clinici e pazienti, i quali, sostenuti da adeguati strumenti informatizzati, potrebbero diventare in grado di sviluppare modelli predittivi di efficacia per singoli profili di pazienti. In altre parole, avere a disposizione questi dati sarebbe di grande aiuto per lo sviluppo di decisioni terapeutiche personalizzate sulla base della somiglianza/dissomiglianza con i pazienti entrati nel trial.
Argomenti contro:
  • Il rischio che dai dati grezzi si possa risalire all’identità di qualche singolo paziente che ha partecipato al trial. Un rischio che si fa molto marcato soprattutto per trial riguardanti malattie molto rare.
  • Il rischio che analisi indipendenti dei dati possano a loro volta non essere esenti da conflitti di interesse. Magari interessi non direttamente economici, ma ad esempio la tentazione di approfittare di un’interpretazione molto personale dei dati nel tentativo di mettersi in mostra nella comunità scientifica. In un universo accademico governato dalla folle legge del “publish or perish”, potrebbero saltar fuori interpretazioni e commenti distorti, che però potrebbero far presa sulla pubblica opinione. Basti pensare al rischio di generare timori infondati su efficacia e sicurezza delle vaccinazioni e di indurre pazienti cronici a interrompere i loro trattamenti.
E allora? Gli autori dell’articolo ritengono “né desiderabile né realistico il mantenimento dello status quo della limitata disponibilità dei dati dei trial regolatori”. Tra le proposte avanzate c’è quella di garantire innanzitutto adeguati standard di protezione della privacy dei pazienti che partecipano ai trial, ma anche standard di qualità per l’analisi indipendente dei dati e per la realizzazione di revisioni sistematiche e metanalisi. Io sono convinto che per quanto siano condivisibili i timori di un potenziale uso scorretto dei dati dei trial, non sia più concepibile tenere chiuso il forziere dei dati in un mondo come quello contemporaneo, nel quale si invocano la lotta al conflitto d’interesse e la trasparenza assoluta. E comunque ritengo sia meglio, molto meglio, avere più conflitti d’interesse che si incrociano, piuttosto che un unico conflitto d’interesse che domina e si impone. Diamo un po’ di fiducia alla capacità critica di clinici e pazienti. (da Scire)

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