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lunedì 24 settembre 2012

Lazio, Regione occupata dai “ladri di ferro”

 Anna Lombroso per il Simplicissimus
Non si sa cosa preferire, igieniste dentali o majorette del Ku Klux Klan, mediatrici di servizi sessuali o goupie irriducibili di agitatori balcano-nazisti.

Chiara Colosimo neo-capogruppo del PdL alla Regione Lazio, venera Corneliu Zelea Codreanu, fondatore della Guardia di ferro romena, movimento che voleva combinare l’avversione  nei confronti del capitalismo con la lotta contro il bolscevismo e con l’odio per gli ebrei, per dare vita ad una rivoluzione spirituale che rinsaldasse il legame tra   popolo e tradizione romena e il cristianesimo.
Ma alla giovane leader, che pare abbia già dimostrato di essere piuttosto lesta di mano, sicuramente interessa di più la via giudiziaria piuttosto acrobatica intrapresa dal peraltro confuso Codreanu: incolpato di essersi fatto giustizia da sé ammazzando un Prefetto che si era reso responsabile del massacro di alcuni appartenenti alla sua Legione dell’Arcangelo Michele, si costituì ma venne assolto “per legittima difesa”, dopo aver intimidito, racconta la storia, con minacce e ricatti, l’intero tribunale. E comunque certe sue sperimentazioni di ingegneria del consenso sono state felicemente mutuate e replicate qui da altri suoi epigoni, il Fiore del quale ha parlato qui il Simplicissimus, o Casa Pound: raccolta fondi, organizzazioni di accoglienza per senza tetto, purchè ariani, catene umane di protesta. Ed anche l’organizzazione di festose  brigate di giustizieri che seminarono terrore ma raccolsero un certo consenso. Tanto che il re invece di nominarlo consigliere o assessore, preferì sbrigativamente farlo uccidere e non se ne parli più.

Ne parla invece la signorina Colosimo, laurea alla Luiss, sia pure un po’ tardiva, sponsor inequivocabili, dalla Meloni alla Polverini che l’ha presentata come il volto pulito del cambiamento, da Cicchitto allo stesso munifico Fiorito, che   ha raccontato di averle consegnato circa 200mila euro prelevati dai fondi del gruppo regionale, una parte dei quali sarebbe stata impiegata proficuamente   pagare una società che aveva fornito il catering durante l’evento denominato “Notte di mezza estate” che il ministro Giorgia Meloni e il deputato Pdl Fabio Rampelli avevano organizzato all’Auditorium negli anni passati. E certo Codreanu ci sta bene in questa galleria di figure di riferimento più vicine a Forza Nuova che a Forza Italia, irriducibilmente e esplicitamente fasciste nei modi, negli atti, nel disprezzo per la legalità, per caratteri che li distinguono perfino dagli altri innumerevoli ladri che hanno occupato la democrazia.

È perfino noioso rammentare le responsabilità di chi li ha legittimati. E ricordare quelle di chi li ha votati. E anche le correità di comodo, la copertura offerta da quelli che all’ombra delle loro malefatte ha con la tolleranza o l’imitazione compiuto le proprie. E il candore cialtrone e offensivo per i cittadini, dei molti sorpresi, attoniti, sbalorditi che adesso se la cavano con ordini del giorno finiti chissà dove, raccolte di firme tanto tardive da non possedere nessuna credibilità, dimissioni che riconfermano l’estemporaneità dolosa e letargica della presenza in Consiglio regionale.

Tutti sembrano stupiti di aver diviso pane e companatico con dei ladri e con dei fascisti. Beh io personalmente non credo alla rivelazione sorprendente né dell’indole al malaffare né dell’inclinazione alla malavita della maggioranza, chè si sa essere fascisti comporta una certa ammirazione e imitazione di comportamenti criminali, offensivi della civiltà, lesivi del vivere in concordia e democrazia.
Lusi e altri ci hanno mostrato come non appartenga alla cultura e agli usi di eletti, rappresentanti del popolo e amministratori pubblici, compulsare bilanci, porsi interrogativi su uscite e entrate, esigere giustificativi.
E in troppi di quella sinistra ormai tanto pacificata e ammansita hanno deciso che era meglio anche non indagare sull’ideologia che animava alleati o antagonisti, solidali nella difesa di rendite di posizione e privilegi. Sono quelli che hanno preferito credere a resipiscenza, riflessione, abiura, ripensamento, invece di isolare il riemergere e reprimere l’esplodere di correnti illiberali, xenofobe e nichiliste. Quelle che hanno fatto da sponda al “pensiero” e alle azioni di governo della Lega e quelle che hanno innervato la città di Roma, come il teatro ideale del neo fascismo, non abbastanza nuovo da volersi disfare del passato.
Pochi hanno interpretato il primo gesto da sindaco di alemanno, dopo l’enunciazione delle sue priorità: lotta la crimine, sicurezza, giro di vite sugli accampamenti abusivi degli odiati rom. È stata la determinazione a smantellare della teca dell’Ara Pacis. Benevolmente si è voluta accreditare come una presa di posizione di carattere estetico, mentre era frutto di un pregiudizio ideologico, era la volontà tenace di ripristinare lo scenario simbolico dello spirito imperiale che aveva animato il regime, la sua rivendicazione e la restituzione di quel paesaggio al ricordo massiccio e imperituro del fascismo storico, tanto che gli skinhead neofascisti della Fiamma Tricolore inscenarono una protesta violenta contro l’inaugurazione del museo.
L’avere trascurato quei fenomeni, sottovalutarli o collocarli nell’ambito di quella empia “pacificazione” che si manifesta con revisionismi, negazionismo e infine manipolazione storica, dà oggi i suoi frutti avvelenati.
Ecco qualcosa che l’Europa avrebbe dovuto chiederci: di superare il passato, di vietare qualsiasi forma di apologia, di dare forma democratica ma ferma a una necessaria damnatio memoriae. Invece l’inerzia complice, la ragionevole passività, sotto l’ipocrita forma di spazio offerto a una malintesa libertà di espressione, l’ostinata renitenza ad avviare un doveroso processo di “memoria autocritica” ha permesso e contribuito alla nascita, crescita e affermazione di un ceto politico, corrotto e corruttore nel macabro segno della continuità con il Ventennio.

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