“Leggendo l'articolo di domenica 12 maggio, intitolato A lezione di vita da una classe di quattordicenni, sono rimasto allibito da quanto accaduto e, pertanto, vorrei poterlo commentare insieme a voi, per far sì che questa vicenda faccia più rumore possibile”. A scriverlo è un nostro lettore, Maurizio Incorvaia, che invita anche tutti gli altri commentatori ad intitolare il proprio pensiero con la frase “Io non vado se non viene lui”.
“Quanto accaduto a questa famiglia è sconvolgente – scrive -. Un genitore crede di potere affrontare qualsiasi cosa per il bene di un figlio e questi, invece, viene tradito da quelle istituzioni che dovrebbero sostenerlo in questo compito. Peggio quando questo figlio da sostenere, a maggior ragione perché "diverso", viene escluso (io non ho altri termini) da quella comunità che, invece, dovrebbe, con più forza e con più coinvolgimento possibile, salvaguardarlo. Dall'isolamento innanzitutto. I nostri figli diventano lo specchio di quello che noi siamo e se i nostri valori sono valori fuorvianti, non oso immaginare cosa ne sarà del loro futuro. Che importa conoscere il nome di quella scuola, di questo o quel professore, il problema è più profondo; intrinseco nel suo grottesco meccanismo della logica della prevaricazione. Quando una persona disabile non viene rispettata e sostenuta, è tutta la società che deve sentirsene responsabile. E' il fallimento di un sistema che già di suo non si regge sul rispetto per gli altri ma sulla sopraffazione. D’altronde, in Italia, non riusciamo ad abbattere le barriere architettoniche, parcheggiamo dove capita e non ce ne frega nulla delle esigenze altrui, figurarsi una gita scolastica”.
Dopo la rabbia, la speranza. “Io spero ancora – prosegue -. Spero che questa brutta storia ci insegni a guardarci attorno fino a scoprire di non essere soli a questo mondo. Spero ci insegni ad avere rispetto degli altrui problemi e disagi. Spero che tutto questo sia biasimato a viva voce da tutti quei cittadini per bene che vogliano contribuire a rendere questo mondo schifoso un tantino più civile. Voglio rivolgere a questo ragazzo ed ai suoi genitori il mio più affettuoso abbraccio e le mie personali scuse per questo gesto di rara inciviltà”. (tempostretto)
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