di Antonio Mazzeo (i SicilianiGiovani)
Non usano mezze misure gli inquirenti della Procura della Repubblica di Messina che indagano sulla fittissima rete parentale, amicale e clientelare sviluppatasi grazie al business dei corsi di formazione gestiti dagli enti vicini all’on. Francantonio Genovese, parlamentare Pd della Sicilia orientale. Figlio dell’ex senatore Dc Luigi Genovese e nipote dell’otto volte ministro Antonino Gullotti, Francantonio Genovese è uno dei politici più influenti dell’Isola. Già presidente nazionale del Movimento giovanile della Dc, deputato all’Assemblea regionale siciliana con la Margherita-Ppi nel 2001, quattro anni più tardi è stato eletto sindaco di Messina con una coalizione di centrosinistra. Annullato il verdetto elettorale dal TAR, nel 2008 Genovese ha fatto ingresso alla Camera dei deputati; il febbraio di quest’anno è stato riconfermato deputato dopo aver stravinto le primarie del partito in provincia di Messina con 19.590 preferenze, un record nazionale. Ma l’on. Genovese è innanzitutto un uomo d’affari con interessi che spaziano dalla finanza alle telecomunicazioni e internet, dal settore immobiliare e delle costruzioni a quello turistico-alberghiero, dalla ristorazione alla navigazione.
Il suo nome compare nei consigli d’amministrazione di quasi tutte le società del gruppo Franza, la holding più potente nell’area dello Stretto.
“Una rete formidabile di coperture” “Il gruppo Genovese gode di una rete formidabile di copertura; non vi è settore, spazio, angolo dell’amministrazione e dei pubblici poteri che sfugga al suo possibile controllo”, scrivono i magistrati. Una rete
ultraramificata che ha come punti nodali da un lato alcuni tra i più importati enti di formazione accreditati dalla Regione siciliana e dall’altro numerose società “con una marcata impronta familiare” che erogano servizi ai primi. Un sistema che ha
consentito di rafforzare la leadership dell’on. Genovese all’interno dei democratici e dell’intera classe politica siciliana.
“Potendo gestire un rilevante numero di posti di lavoro e cospicui capitali pubblici – spiegano gli inquirenti – gli enti in
questione si trasformano in una imponente macchina elettorale e alimentano un vasto bacino di voti”.
L’inchiesta della Procura sui corsi di formazione professionale è sfociata nel luglio 2013 in una decina di ordinanze di
custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di alcuni dei più stretti congiunti e sodali del parlamentare Pd e finanche di
alcuni ex colonnelli “antagonisti” di Alleanza nazionale.
Ai domiciliari sono finiti in particolare le due ultime first ladies di Messina, Daniela D’Urso e Chiara Schirò, moglie la prima dell’ex sindaco An-Pdl Giuseppe Buzzanca e la seconda dell’on. Francantonio Genovese; Melino Capone, responsabile dell’ente di formazione ANCOL (Associazione Nazionale delle Comunità di Lavoro) ed ex assessore comunale alle politiche del lavoro e alla mobilità urbana nella giunta di centrodestra di Buzzanca; il fratello Natale Capone, direttore amministrativo di ANCOL; Concetta “Cettina” Cannavò, a capo della segreteria politica dell’on. Genovese, nonché amministratrice e consigliere in diverse società riconducibili al parlamentare; Elio Sauta, già presidente dell’Istituzione dei servizi sociali di Messina, consigliere comunale del Pd sino alla primavera del 2013 e grande amico di Genovese; Graziella Feliciotto, imprenditrice, formatrice e moglie di Elio Sauta; l’imprenditore Natale Lo Presti; Nicola Bartolone, originario di Roitlingen (Germania) ma residente a
Montalbano Elicona dove è consigliere comunale di maggioranza.
Ai destinatari dei provvedimenti vengono contestati una serie di reati che vanno dall’associazione a delinquere al peculato,
al falso in bilancio, alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche
destinate a progetti formativi.
L’autorità giudiziaria ha inoltre sospeso dalle proprie funzioni Carmelo Isaja (nato a Messina ma residente a Malfa), dipendente dell’Ispettorato del Lavoro che avrebbe rivelato ad uno degli indagati l’imminente effettuazione di un controllo
da parte dei funzionari della Regione siciliana.
La formazione di casa Pd-Genovese Cinque dei dieci destinatari dell’ordine
di custodia cautelare hanno in tasca la tessera del partito democratico. Sono Chiara Schirò ed Elio Sauta ovviamente;
Concetta Cannavò che è pure tesoriera provinciale (dimissionaria) del Pd; Graziella Feliciotto e Nicola Bartolone. Per loro, ma solo dopo le manette, è stata richiesta dal segretario regionale Giuseppe Lupo la sospensione da incarichi di organismi e dall’anagrafe degli iscritti del partito.
Graziati invece gli onorevoli Francantonio Genovese e Franco Rinaldi, iscritti nel fascicolo al registro generale delle notizie
di reato n. 7696 del 2011: per loro il 9 maggio 2013 è stata chiesta una proroga delle indagini per altri sei mesi (i reati ipotizzati vanno dall’associazione per delinquere al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, con l’aggravante dell’art. 61 n. 2 del codice penale, cioè l’averli commessi per eseguirne od occultarne altri). Tra gli indagati non destinatari di provvedimento di arresto ci sono pure Roberto Giunta (impiegato dell’on. Genovese e già dipendente del gruppo parlamentare della Margherita) e il commercialista originario di Milazzo, Salvatore Natoli, consigliere comunale di maggioranza a Acquedolci (Me). “Sistematiche sottrazioni di denaro”
Al centro delle indagini dirette dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai pm Camillo Falvo, Fabrizio Monaco ed Antonio Carchietti, le presunte modalità illecite di gestione dei corsi di formazione professionale. “In Sicilia i corsi vengono
realizzati dall’Amministrazione regionale sulla base di finanziamenti propri, statali e comunitari per il tramite di enti privati
esercenti una funzione pubblica”, spiegano gli inquirenti. “Queste attività però si sono trasformate spesso in sistematiche
operazioni di sottrazione di denaro pubblico”, in evidente contrasto con i fini d’inclusione sociale delle persone svantaggiate
per cui sono stati attivati in ambito europeo.
Negli ultimi sette anni il Piano Operativo Regionale (POR) del Fondo Sociale Europeo ha previsto per i corsi un budget dell’ordine di 2,1 miliardi di euro. Per i progetti in Sicilia l’ultimo bando triennale ha elargito finanziamenti per più di 850
milioni. Un business smisurato che ha alimentato gli appetiti di quasi tutti i gruppi politico-imprenditoriali (di governo e opposizione): oggi nell’Isola ci sono più di 1.600 enti accreditati per la gestione di attività attività formative, quasi cinque volte più che nelle altre grandi regioni d’Italia.
Della stramaggioranza dei corsi nessuno valuta la congruità dei costi, i risultati finali, le modalità di spesa e fatturazione.
Può così capitare che per interventi sostanzialmente identici, i costi orari per singolo corsista possano variare da un minimo
di 71 euro a punte massime di 241. Soldi, soldi, soldi e pacchi di voti. Le indagini hanno accertato prestazioni totalmente simulate e sovrafatturazione delle spese da parte degli enti. Per appropriarsi del denaro pubblico, in molti casi gli indagati hanno acquistato beni o servizi apparentemente destinati allo svolgimento dei corsi a prezzi ampiamente superiori a quelli realmente praticati sul mercato, rivolgendosi ad aziende dagli stessi direttamente o indirettamente controllate.
In altri casi, hanno adoperato lo schema classico della triangolazione: il bene veniva acquistato per il tramite di un’azienda controllata e quindi rivenduto o noleggiato all’ente di formazione, lucrando sulla differenza. Infine è stato dato vita all’illecito meccanismo della fornitura “totalmente” fittizia di servizi, principalmente le pulizie di locali e uffici “apparentemente prestati da aziende verosimilmente non operanti nel settore”.
Tra le finalità più o meno occulte della
“formazione” la propaganda elettorale e la
creazione di fedeli clientele, in una logica
di reciproco scambio enti-politici di riferimento,
fondamentali questi ultimi per ottenere
gli accreditamenti e i fondi della
Regione siciliana.
“La possibilità di gestire un numero rilevante
di posti di lavoro e di erogare
emolumenti, nell’ambito dei progetti formativi,
che spesso costituiscono l’unica
forma di ammortizzatore sociale per soggetti
disoccupati, evolve in una potente
macchina di consenso politico-elettorale”,
scrivono gli inquirenti nell’informativa inviata
alla procura di Messina. “Questa
priorità non solo è emersa dalle dichiarazioni
rilasciate alla trasmissione Report di
RaiTre del 21 ottobre 2012 dal deputato
regionale Franco Rinaldi, ma è palesata
dal dato elettorale: lo testimoniano le
18.613 preferenze (su 74.448 della lista
del Pd) ottenute dallo stesso alle ultime
regionali, nonché le quasi 20.000 preferenze
ottenute alle primarie del Pd dal cognato
Francantonio Genovese – di cui 200 su 212 votanti ottenute nel seggio
all’uopo allestito nella sede dell’ente di
formazione ARAM – che hanno poi
consentito una facile rielezione alla
Camera nelle recenti elezioni politiche”.
“Colui che gestisce e coordina tutte le
attività, in posizione di promotore e coordinatore
dell’organizzazione è certamente
Elio Sauta”, scrivono i magistrati
nell’ordinanza contro i big della formazione
in salsa peloritana. “Lo stesso Sauta
interviene in quasi tutte le condotte fraudolente.
Egli distraeva i fondi e i beni erogati,
relativi a progetti finanziati
nell’ambito degli avvisi della Regione siciliana
e se ne appropriava in modo sistematico”.
Sempre per gli inquirenti, l’organizzazione
del Sauta “sostenuta dal gruppo Genovese,
si apprezza come un’autentica
macchina che instancabilmente costruisce
illeciti allo scopo di ottenere denaro”,
mentre contestualmente è impegnata nella
“costruzione di altre falsità documentali
per aggiustare i conti, inserendo ad esempio
le buste paga e definendo i pagamenti,
benché gli stessi per espressa ammissione
degli interessati, non siano mai avvenuti”.
Non secondario il ruolo assunto dalla moglie
di Sauta, Graziella Feliciotto, socia e
formatrice degli enti filo-Pd ed ex dipendente
dell’Enaip, l’ente di formazione
professionale delle Acli.
“Condotte illecite con vari ruoli”s
“La Feliciotto si è sistematicamente
prestata – probabilmente sotto le direttive
del marito – ad impersonare i diversi ruoli
necessari alla realizzazione delle varie
condotte illecite, operando, di volta in
volta, quale amministratore o legale rappresentante
dell’una o dell’altra società
impiegata per le materiali distrazioni”.
Elio Sauta gode di appoggi e amicizie
ovunque, specie all’interno degli uffici
deputati al controllo degli enti di formazione,
come ad esempio l’Ispettorato del
lavoro di Messina diretto da Venerando
Lo Conti. Ha una vocazione per l’imprenditoria
e la finanza simile a quella
dell’amico-parlamentare che, insieme al
commercialista Andrea Raffa, vorrebbe
comunque coinvolgere per acquistare il
prestigioso Istituto “San Luigi” di Viale
Regina Margherita, Messina (valore sette
milioni di euro). Le relazioni amicali di
Sauta non trascurano comunque gli uomini
del centrodestra locale, primi fra tutti l’on. Giuseppe Buzzanca o l’ex assessore
comunale alle politiche finanziarie Orazio
Miloro. Eccellenti pure i rapporti con il
mondo accademico. Consigliere dal dicembre
2001 del Consorzio universitario
per l’Ateneo della Sicilia occidentale con
sede a Trapani, Elio Sauta ha dato vita insieme
all’ARAM, l’Università degli studi
e il Comune di Messina (sindaco Genovese)
al master universitario in Economia
del sistema agroalimentare (direttore il
prof. Maurizio Lanfranchi, componente
del comitato tecnico scientifico Elena
Schirò, moglie dell’on. Franco Rinaldi e
cognata dell’on. Genovese).
E nel febbraio 2013, in piena tempesta
giudiziaria sulla formazione professionale,
i direttori e il commissario straordinario
del Policlinico universitario “Gaetano
Martino” di Messina hanno stipulato una
convenzione per la realizzazione di eventi
formativi con l’ente presieduto da Elio
Sauta. Mesi prima la procura di Messina
aveva formalizzato nei suoi confronti
l’accusa di truffa, abuso d’ufficio e peculato
per l’emanazione di un ordine di pagamento
superiore a quello dovuto, ai
tempi in cui sedeva a capo dell’Istituzione
per i servizi sociali.
Corsi d’oro per sorelle e cognati
Due i principali centri di formazione
professionale di area Genovese-Rinaldi finiti
sotto la lente d’ingrandimento dei giudici:
l’ARAM (Associazione per la Ricerca
nell’Area Mediterranea) e la LUMEN
Onlus (Libera Università Mediterranea di
Naturopatia), entrambe con sede legale a
Messina ma con filiali “educative” sparse
in tutta la Sicilia. Costituita il 20 giugno
1996, l’ARAM è presieduta da Elio Sauta
e ha in organico più di un centinaio di dipendenti,
alcuni dei quali attivi – come il
presidente – nelle competizioni politicheelettorali:
gli ex consiglieri comunali Pd
Giacomo Caci e Gaetano Caliò
(quest’ultimo transitato nell’Udc del ministro
Giampiero D’Alia).
Altri, paradossalmente, risultano essere
stretti congiunti di (ex) parlamentari del
Polo delle libertà (Veronica Marinese, figlia
dell’on. Ignazio Marinese e cugina
del commercialista palermitano Dore Misuraca,
deputato nella scorsa legislatura).
Ci sono pure i congiunti di importanti
sindacalisti come ad esempio Fabio Salerno,
dipendente della sede ARAM di Palermo,
nipote del segretario regionale della Uil scuola-formazione Giuseppe
Raimondi, amico personale di Elio Sauta
e Daniela D’Urso (moglie di Giuseppe
Buzzanca). “Ma anche altri soggetti che
operano per l’organizzazione sul fronte
della formazione hanno ricoperto cariche
pubbliche o hanno incarichi di partito”,
riporta l’informativa della Questura.
Tra i nomi, in particolare, quello di Salvatore
La Macchia (originario di San Piero
Patti), dipendente Pd secondo l’Inps,
già amministratore delegato dell’AtoMe3
e che da ultimo ha ricoperto l’incarico di
dirigente esterno presso la Regione Siciliana
– Dipartimento formazione professionale,
nella segreteria dell’ex assessore
Mario Centorrino, “anch’egli molto vicino
a Genovese”. Per La Macchia, poco
più di un mese fa la procura ha chiesto il
rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta
sulle presunte irregolarità nelle convenzioni
stipulate dall’Ato con le cooperative
sociali nel biennio 2006-07.
La fondazione della LUMEN risale invece
all’agosto 1993 e da allora la connotazione
genovesiana è stata impeccabile.
Alla data del 17 giugno 2005 il consiglio
direttivo risultava composto da Concetta
Cannavò, presidente; Elena Schirò, segretaria-
tesoriera; Graziella Feliciotto, vicepresidente.
L’1 dicembre 2007 Elena
Schirò veniva promossa a presidente del
Cda. Vicepresidente veniva nominato
Francesco Sauta (figlio di Elio Sauta),
mentre segretaria-tesoriera Concetta Cannavò.
A seguito del fragore per l’inchiesta sulla
formazione, il 14 dicembre 2012 si è
insediata alla presidenza di LUMEN
l’ingegnere Marilena Maccora, sorella
dell’avv. Vincenza Maccora, sindaca del
Comune di Sinagra in quota Pd e consulente
legale della Calaservice Srl, società
immobiliare dell’on. Genovese e i cui amministratori
sono stati nel tempo l’on.
Franco Rinaldi, la moglie di quest’ultimo
Elena Schirò, Concetta Cannavò e Giovanna
Schirò.
“Gli enti ARAM e LUMEN Onlus appaiono
comunque correlati in ragione dei
soggetti coinvolti nella gestione e delle
cointeressenze economiche”, annotano i
magistrati. Uomo-cerniera tra le due Onlus
l’immancabile consigliere comunale
Sauta, il quale, ad esempio “si interessava
per il rilascio di polizze fideiussorie non
solo a favore dell’ARAM, ma anche della
LUMEN nonché, verosimilmente necessarie
per ottenere l’erogazione degli acacconti
sugli importi ammessi a finanziamento”.
In verità Elio Sauta interveniva pure in
prima persona per l’emissione delle polizze
a favore di Training Service S.c.r.l., altro
ente con sede a Barcellona Pozzo di
Gotto nella piena titolarità della famiglia
Genovese e che compare nella black list
dei 43 gestori di corsi per cui è stato avviato
il processo di revoca dell’accreditamento
regionale perché ritenuti non in regola
con i pagamenti dei lavoratori. “Interessi
in comune” sono stati rilevati pure
tra l’ARAM e il CESAM (Centro Studi
Aziendali del Mediterraneo), ente di formazione
con sede a Palermo e legalmente
rappresentato da Fabio Carraro (marito di
Emanuela Esposto, dipendente del gruppo
parlamentare di Forza Italia-Pdl all’ARS).
Il Pum, Partito unico messinese
A riprova della solidità del Pum, il Partito
unico messinese, l’inchiesta sulla formazione
ha rilevato pure i “collegamenti”
tra l’ARAM-Pd e l’ANCOL-An attraverso
i “rapporti intrattenuti” da Carmelo Capone
e Daniela D’Urso con Elio Sauta,
documentati da talune delle intercettazioni
telefoniche.
Per tentare di sbloccare i finanziamenti
regionali, l’allora assessore comunale Capone
“sollecitava in più occasione un intervento
di Sauta, ritenendo evidentemente
più facile per quest’ultimo e per lo
schieramento politico in cui milita, attraverso
le entrature con funzionari e dirigenti
del Dipartimento regionale
Istruzione e formazione professionale e/o
presunti canali politici (nelle telefonate si
fanno i nomi dei deputati regionali Giuseppe
Ardizzone dell’Udc e Marcello
Greco già capogruppo Pd in consiglio comunale
a Messina), sia con il neoassessore
al ramo Nelli Scilabra che direttamente
con il presidente Rosario Crocetta, affinché
interceda in suo favore”.
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