Affidarsi completamente ai dati oggettivi forniti dalle analisi del sangue o dai prick test non è sufficiente per stabilire un'allergia o un'intolleranza. Lo dicono Robert Wood e Scott Sicherer, due pediatri del Johns Hopkins Children's Center, che suggeriscono di non prestare una fede incondizionata nei confronti degli esami di laboratorio volti a capire se un bambino è o meno allergico agli acari piuttosto che a un frutto.
Nell'articolo pubblicato su Pediatrics, i ricercatori sottolineano la tendenza in atto a sovrastimare l'importanza dei prick test, le batterie di allergeni che si pongono sulla schiena o sul braccio del soggetto per verificare l'eventuale reazione cutanea. In realtà, dicono i pediatri americani, meglio sarebbe affiancare a questi esami un'anamnesi accurata della condizione clinica del soggetto, prendendo in considerazione tutti i sintomi e l'intera sua storia clinica.
Utile ad esempio un test di esclusione alimentare che serva a individuare l'alimento mal tollerato. “I test allergici possono aiutare un medico a fare una diagnosi, ma presi da soli non rappresentano delle 'pallottole magiche' diagnostiche o infallibili predittori di malattia clinica'', precisa il dott. Wood. (Itlalia salute)
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