Quando si fa una revisione sistematica sull’efficacia di un trattamento, uno dei problemi più spinosi che i revisori devono affrontare è riuscire a individuare tutti i trial randomizzati e controllati che sull’efficacia di quel trattamento sono stati effettuati. E una revisione di letteratura, per essere veramente sistematica, dovrebbe riuscire a rintracciare davvero tutti i trial che sono stati effettuati, pena la sua inaffidabilità. Secondo An-Wen Chan del Women’s College Research Institute dell’ University of Toronto, in Canada, che ha pubblicato un articolo sul BMJ, circa la metà dei trial clinici approvati dai rispettivi Comitati Etici, per un motivo o per l’altro non arrivano mai a essere pubblicati e quindi possono essere rintracciati solo con grande sforzo e difficoltà.
Intanto ci sarebbe da chiedersi che senso abbia effettuare delle ricerche se poi i risultati non vengono pubblicati. Non solo non ha senso, ma nel caso dei trial randomizzati e controllati è anche un comportamento non etico, dal momento che vuol dire che i pazienti entrati nel trial hanno corso inutilmente il rischio, sempre insito nel processo di randomizzazione, di essere assegnati a ricevere un trattamento la cui efficacia non è ancora provata. La mancata pubblicazione alle volte è solo il frutto di sciatteria da parte dei ricercatori, che magari decidono di non pubblicare i risultati di una ricerca perché ha dato risultati negativi, senza pensare che anche i risultati negativi contribuiscono a determinare il livello di efficacia reale di un trattamento. Alle volte invece la questione è più complessa, e la mancata pubblicazione è il frutto di un preciso calcolo di chi preferisce tenere nascosti risultati scomodi a causa di un conflitto d’interesse. Tipico il caso delle industrie farmaceutiche che tengono nel cassetto i risultati di nuovi trial che indicano come un nuovo farmaco non sia superiore a quelli già esistenti.
Il fatto è che le revisioni sistematiche ormai sono (o dovrebbero essere) un vero proprio strumento di lavoro, assieme ai sommari di evidenze, come Uptodate e Clinical Evidence, per i clinici che devono rispondere a un interrogativo clinico reale del quale ignorano la risposta. E’ da queste fonti terziare e secondarie che dovrebbe partire sempre la ricerca di informazioni, prima di andarsi a cacciare nella gran confusione della letteratura primaria, utilizzando Medline/Pubmed, come ancora invece molti oggi fanno. La più importante fonte di revisioni sistematiche di trial clinici è, com’è certamente noto a molti, la Cochrane Library, che ormai raccoglie circa settemila revisioni sistematiche.
Solo che, come afferma An-Wen Chan, il compito di chi affronta la fatica di scrivere una revisione sistematica è reso molto complicato dalla necessità di rintracciare proprio i trial che non sono stati pubblicati. A questo scopo possono essere utilizzati innanzitutto i registri dei trial, come www.clinicaltrials.gov che adesso cominciano pubblicare anche sommari dei risultati delle ricerche. Si tratta di una fonte facile da consultare ed esistono anche registri tenuti dalle singole aziende farmaceutiche nei quali sono registrati i trial che hanno ricevuto l’approvazione dei comitati etici, ma non ci si può aspettare di aver concluso il proprio compito solo con questo passaggio. E anche quando gli autori di una revisione sistematica decidono di contattare direttamente i ricercatori per avere informazioni su eventuali trial non pubblicati, la strada è quasi sempre in salita. “Gli sforzi per ottenere i protocolli completi dei trial dai trialisti è spesso stata ampiamente scoraggiante” dice An-Wen Chan.
Un’altra possibile fonte di informazioni sarebbero i siti delle agenzie regolatorie, come l’ FDA e l’ EMA, ma in questi casi l’accesso ai trial che sono stati utilizzati per l’approvazione di un nuovo farmaco non è per niente facile. Le agenzie non rispondono facilmente, e molte informazioni sono sepolte in montagne di documenti che vengono spesso pubblicati on line come documenti pdf, sui quali non è possibile effettuare ricerche per parole chiave. Lo stesso vale per le informazioni provenienti dai documenti legali in casi di processi che coinvolgono industrie farmaceutiche. Questo tipo di fonti è molto complicato da esplorare. Toby Lasserson e David Tovey, in un editoriale sul sito della Cochrane Library intitolato Neuraminidase inhibitors for influenza: methods change, principles don’t, segnalano lo sforzo fatto da Tom Jefferson e i suoi collaboratori, autori della revisione sistematica sull’efficacia dell’oseltamivir e dello zanamivir nel trattamento dell’influenza, nell’impostare una nuova strategia di ricerca dei trial che comprenda l’esame dettagliato di questi ponderosi documenti. Ora si sta pensando, sulla base del loro sforzo, a un ripensamento complessivo della modalità di realizzazione delle revisioni Cochrane, ma l’impresa sembra titanica.
La vita del revisore sistematico è dunque estremamente complicata. Capita, e continuerà a capitare, che venga faticosamente portata a compimento una revisione solo per scoprire che non si erano rintracciati alcuni trial il cui inserimento nella revisione finisce poi per cambiare significativamente le conclusioni. Oppure si scopre che esistono da qualche parte dei trial sui quali però non si riesce a mettere le mani. Molto scoraggiante. E anche alquanto pericoloso per la pratica clinica. Perché ogni volta che si decide di non pubblicare i risultati di una ricerca, o comunque di non rendere accessibili dei trial, si stanno mettendo i bastoni tra le ruote ai revisori sistematici e quindi si sta mettendo a repentaglio la conoscenza dei clinici e di conseguenza, alla fin fine, la salute dei pazienti.
Nessun commento:
Posta un commento