Una valanga di reparti e un esercito di primari superpagati. Così è affondata la sanità campana, che ha accumulato in dieci anni un indebitamento di quasi 10 miliardi. A tracciare la fotografia impietosa della situazione nella regione è un dossier elaborato dagli esperti del ministero della Salute, che hanno analizzato le strutture complesse (i reparti, ciascuno dei quali retto da un primario o da un facente funzioni) e quelle semplici (che garantiscono servizi di supporto) presenti nelle aziende sanitarie e ospedaliere italiane. I dati, ottenuti con un lungo monitoraggio e relativi al 2010, non lasciano spazio a dubbi e hanno spinto la giunta Caldoro a correre subito ai ripari. La rivoluzione è già scattata: prevede il taglio del 20 per cento dei reparti e dei loro coordinatori.
La Campania, con 2048 strutture complesse (1100 ospedaliere e le restanti non ospedaliere), è infatti seconda solo alla Lombardia (2413) che però ha il doppio degli abitanti. Tutte le altre regioni, anche quelle di grandi dimensioni, hanno un numero notevolmente inferiore: si guardi al Lazio (1774), alla Sicilia (1547), al Veneto (1423), all’Emilia Romagna (1375). I conti non tornano se si analizzano, inoltre, le strutture complesse ospedaliere e i posti letto pubblici: nella nostra regione a fronte di 13343 posti, sono stati previsti 1100 reparti.
Queste cifre la collocano in coda alla classifica stilata dal ministero che ha fissato 17,5 come indicatore standard: una «barriera» superata solo da Emilia Romagna, Veneto e dalla Provincia di Trento. La Campania, con l’indice 12,1, si piazza al quintultimo posto, seguita da Molise, Lazio, Calabria e Abruzzo. A complicare la situazione è il fatto che i dirigenti medici incassano le indennità più alte d’Italia. Ugualmente clamoroso il dato delle strutture semplici. Qui la Campania, con le sue 9845, batte di gran lunga tutti: la Lombardia ne ha 3072, il Lazio 3061, la Sicilia 2477, il Veneto 2390, l’Emilia Romagna 1643. Se poi si considera il rapporto tra reparti e servizi di supporto agli stessi, lo squilibrio appare altrettanto evidente: per i tecnici ministeriali il punto d’equilibrio è fissato a 1,31; la Campania raggiunge il 4,81.
Proprio le profonde differenze tra le varie realtà territoriali, che riportiamo nel grafico accanto, hanno spinto il ministero della Salute a dar vita ad un gruppo di lavoro con il compito di fissare parametri standard per la composizione di strutture complesse e semplici. La parola d’ordine che arriva da Roma è «tagliare». In base allo studio, che non ha ancora avuto il via libera dalla conferenza delle Regioni perché prospetta enormi sacrifici, la Campania dovrebbe rinunciare a 857 strutture complesse (-41,8 per cento) e addirittura a 8280 semplici (-84,1 per cento) ottenendo un risparmio di oltre 7 milioni di euro. Naturalmente ulteriori benefici deriverebbero dall’abbattimento di spese accessorie e dalla consistente riduzione dei contratti da primario a cui evidentemente in passato si è fatto ricorso troppo frequentemente. Da qui la decisione del governatore-commissario Stefano Caldoro di avviare una riorganizzazione del comparto, affidata ai subcommissari Achille Coppola e Mario Morlacco e al senatore Raffaele Calabrò. L’obiettivo è appunto la riduzione del 20 per cento dei reparti, che potrà essere centrato attraverso piani ad hoc (con i relativi cronoprogrammi), messi a punti da Asl e aziende ospedaliere. Associazione Italiana Psichiatri
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