Licia Satirico per il Simplicissimus
La Guardasigilli annuncia controlli su blog e Facebook, filtri alle intercettazioni e punizioni a giornalisti o editori indisciplinati: «i blog possono fare più danni dei giornali», dice Paola Severino al panel “Etica e giornalismo” del Festival internazionale di Perugia, accennando addirittura a norme europee per evitare che i provider si trasferiscano in paesi più accomodanti. La ministra ha toni ominosi nel prospettare forme non meglio precisate di autoregolamentazione: «scrivere su un blog non autorizza a scrivere qualunque cosa, soprattutto se si sta trattando di diritti di altri. Sappiate che quello che fate ad altri potrà essere fatto a voi».
Per abrogare la concussione ci si è rifugiati dietro l’ombrello dell’Ocse, per uccidere i blog si usa un pretesto evangelico. Pretesto che finisce col provare troppo, dato che l’etica della reciprocità è uno dei cardini su cui si fonda la libertà di manifestazione del pensiero: criticare ed essere criticati senza pensare di essere, per ciò solo, processati o censurati. La libertà di critica è parte integrante dell’articolo 21 della Costituzione ed è soggetta a limiti ancora più elastici della stessa libertà di stampa. Evidentemente il concetto di libertà ha subito una mutazione concettuale potente se libertà e liberticidio si sovrappongono, come dimostrato in altri campi dai tentativi di imporre una sostanziale libertà di licenziare denominata con gentilezza “flessibilità in uscita”.
Eppure è significativo che si chiami in causa il Vangelo, non essendo configurabili principi più laici alla cui stregua invocare la stretta sui blog. La ministra, da penalista, dovrebbe saperlo bene, ma probabilmente è distratta dall’enorme difficoltà di gestire un dicastero cruciale per gli interessi del Pdl.
Finora la Severino è stata cauta sulla prescrizione e sul falso in bilancio, evasiva sulla riforma della corruzione e possibilista verso una restrizione delle intercettazioni. Esclude ritorni al passato, ma la sensazione è che il passato giri intorno a se stesso, disturbato in modo ossessivo dalle idee molto personali dell’ex premier in materia di giustizia. La concussione rischia di frammentarsi in fattispecie minori, il falso in bilancio continua a essere un reato bagatellare. Siamo ancora in attesa di sapere in che misura la spending review inciderà sul reclutamento di nuovi magistrati e del personale ausiliario degli agonizzanti uffici giudiziari. Al di fuori della minaccia di responsabilità civile dei magistrati, ogni seria prospettiva di riforma della giustizia sembra essersi arenata in via Arenula: tutto si può insabbiare nelle more delle elezioni amministrative, primo vero banco di prova di partiti sfibrati cui non bastano più i tecnici per essere presentabili. Quasi tutto: per le intercettazioni e i blog, oggetto di diffidenza bipartisan, si può sempre fare un’eccezione.
In nessun altro Paese europeo la stampa subisce, per un verso, condizionamenti fatali legati al ruolo politico degli editori e, per altro, intimidazioni come quelle già emerse nella prima versione berlusconiana del disegno di legge sulle intercettazioni. I blog sfuggono all’irreggimentazione forzosa del giornalismo istituzionale e diventano potenzialmente eversivi, bisognosi di un paternalistico controllo dall’alto. In cosa dovrà consistere questo controllo di ispirazione orwelliano-cinese non sappiamo: la Severino esclude l’utilizzo morboso e ridicolo della rettifica già previsto dalla prima norma ammazzablog, ma non chiarisce se e come saremo costretti a darci una morigerante regolata.
Saremo obbligati a cospargerci il capo di cenere, a porgere l’altra guancia, ad autoflagellarci per aver espresso indignazione, preoccupazione, insofferenza? Dovremo omologarci al pensiero dominante per timore di incorrere in sanzioni? Saremo costretti a pubblicare solo citazioni, facezie o tenere foto di cuccioli sulle nostre pagine personali?
Non stiamo trattando dei diritti “di altri”, ma di quelli di tutti: del diritto al confronto, all’informazione alternativa, al dissenso, alla disobbedienza. Sì, signor ministro: ciò che facciamo ad altri nei nostri lunari dialoghi di libertà può essere fatto anche a noi. Speriamo che accada ancora per molto, molto tempo.
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