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martedì 29 maggio 2012

L’INCHIESTA DI ANTONIO MAZZEO: Il Muostro, chi ci guadagna e chi vuole imporlo per forza

Chi è contro il Muos (l’inquinantissima base elettronica dell’Us Navy a Niscemi)? I soliti “professionisti dell’antimafia”, naturalmente. Che vogliono ridurre in miseria tutte le imprese… Niscemi, Caltanissetta, tarda mattinata del 7 maggio. Caldo torrido, sembra agosto. La piazza centrale è però viva, i bar pieni, i capannelli di avventori discutono della Juve scudetto e del totosindaco. Le urne sono ancora aperte, si rinnova l’amministrazione e il consiglio comunale. D’un tratto una ruspa viola l’isola pedonale. Ha le insegne della Calcestruzzi Piazza Srl, l’azienda che ha spianato mezza collina di contrada Ulmo, nella riserva naturale “Sughereta”, per realizzare le piattaforme in cemento su cui poggeranno le maxiantenne del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare degli Stati uniti d’America. Dalla cabina esce il titolare, Francesco Piazza. Trasuda rabbia da tutti i pori, impreca, si dimena. Impugna una tanica piena di benzina. Poi si posiziona all’interno di una pala meccanica che lo solleva in alto sino a dominare la piazza. Eleva la tanica, la inclina sul capo e minaccia di cospargersi col liquido il corpo e gli indumenti. E darsi fuoco con la benzina. “Andrò ad infoltire l’elenco degli imprenditori suicidi”, urla il Piazza ai presenti attoniti. L’uomo sostiene di essere rimasto senza lavoro perché la sua azienda è stata infangata dagli onnipotenti e onnipresenti professionisti dell’antimafia. “È stata lanciata una campagna diffamatoria senza frontiere nei nostri confronti, attuata con vari articoli che hanno determinato gradualmente un calo di richieste di lavoro nei confronti della nostra ditta, fino al punto che dopo aver ultimato la fornitura del calcestruzzo per i tralicci del MUOS, ci ritroviamo senza più richieste di forniture”. Una versione dei fatti di parte quella di Francesco Pizza. A causare lo stop delle commesse erano stati infatti la Provincia regionale di Caltanissetta e il Comune di Niscemi che avevano escluso l’azienda dall’Albo dei fornitori di fiducia. Un atto dovuto dopo che il Prefetto di Caltanissetta, il 7 novembre 2011, aveva reso noto che a seguito delle verifiche disposte dalle normative in materia di certificazione antimafia erano “emersi allo stato degli attuali accertamenti e dagli atti esistenti presso questo ufficio elementi tali da non potere escludere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società”.

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