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venerdì 13 luglio 2012

La Tav nuda e le foglie di fico italiane

Come si vede dalla cartina sono molte -troppe per le attuali finanze francesi – le linee ad alta velocità in progetto dans l’Exagone. Accanto ad ognuna ci sono le ottimistiche date di realizzazione, anche se Parigi si appresta a tagliare tutte quelle non ancora in costruzione. Si può osservare che la Lyon Turin, è l’unica a mancare  di date, dimostrazione implicita della scarsa importanza attribuita dalla Francia a questa realizzazione rimasta sempre “eventuale”.

Come preconizzato ieri proprio su questo blog (qui) il nostro governo sta facendo disperate pressioni su Parigi perché la Torino-Lione non venga cancellata: troppe cose si sono mosse e smosse, troppi assegni sono passati di mano, troppa repressione è stata invocata e troppa malriposta credibilità è stata messa sulle spalle di questa grande opera perché ora si possa tornare indietro, almeno in via ufficiale. Infine ho troppa poca stima per la nostra classe dirigente per non avere il sospetto che si chieda al governo francese di ammorbidire la cancellazione, facendola passare per un rinvio o una riorganizzazione dei tempi, in modo da mandare avanti comunque i lavori, in attesa di un radioso futuro che vedranno, semmai, i nostri nipoti.

Ad ogni buon conto l’indiscrezione sul ripensamento francese in merito ai progetti ferroviari che Sarkozy aveva varato (per un costo totale stratosferico di 256 miliardi, una vera presa in giro) ha avuto quanto meno il merito di  mettere sul tavolo alcune carte e farle uscire dalla fumosità e dal funanbolismo verbale. Innanzitutto l’Europa si è subito tirata indietro, facendo sapere che la ferrovia a grande capacità è un progetto esclusivamente italo francese e che non verranno messi in moto finanziamenti a nessun titolo. In secondo luogo i dubbi transalpini derivano dall’ inutilità dell’opera: su quella direttrice il traffico merci si è costantemente ridotto dagli 11 milioni di tonnellate dei primi anni ’90 ai 4 milioni di oggi. Considerare imprescindibile un progetto immaginato vent’anni fa in condizioni totalmente diverse è fuori dalla realtà, qualcosa che poteva nascere solo dalla leggerezza di Sarkozy- Berlusconi. Pensare di buttarci 12 miliardi (che potrebbero facilmente raddoppiare) nelle attuali condizioni, rasenta l’assurdo, anche perché è ben noto come proprio le grandi opere siano voraci di finanziamenti, ma assorbano poca occupazione rispetto a quelle “piccole”.

Insomma su questi fatti non si può più barare: l’opera è costosa, non si inserisce in alcuna strategia europea e rimane  nella sostanza pletorica rispetto alle esigenze. E’ davvero l’ultima cosa a cui pensare in mezzo a un a drammatica carenza di infrastrutture moderne e un’altrettanta drammatica carenza di soldi. Purtroppo sappiamo che in Italia l’utilità non viene misurata in rapporto alle esigenze del Paese, ma in rapporto ai vantaggi che comporta per chi costruisce e per chi lascia costruire. La si vuole fare lo stesso? Bene, ma ora che le mezze parole, la retorica e gli alibi sono nudi, si cerchi almeno una spiegazione verosimile sia per la comunità della Val Susa  investita direttamente dai lavori, sia per la comunità nazionale costretta a subire massacri i cui proventi vengono poi dilapidati per aerei militari e opere di discutibile utilità.
Ma non accadrà. Nessuno a cominciare da Passera darà alcuna spiegazione, nessuno tirerà fuori studi tecnici vantati, ma inesistenti. Si dirà solo che è un’opera necessaria e di fronte a questa parola si sa che ormai ogni contrasto viene annullato. Ormai dire necessario è come dire amen: i politici si alzano e rispondono così sia. (da simplicissimus2)

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