La riforma Gelmini del 2010 suscitò polemiche feroci, ma su un punto la stragrande maggioranza dovette concordare, l’art. 18 della Legge 240, che si poneva finalmente l’obiettivo di arginare la miserabile pratica dei “Baroni” universitari di riempire i vari dipartimenti con le loro intere progenie di figli, mogli, nuore, generi e nipoti. Tutti indistintamente scienziati per virtù genetiche, naturalmente. Gente capace, spesso appena laureata, di produrre fantasmagoriche pubblicazioni di livello internazionale. Magari a doppia firma con docenti stranieri che, subito dopo, ottenevano anche loro remunerati incarichi di collaborazione da padri riconoscenti. A spese dell’Università, naturalmente. A volte persino prestigiose Lauree Honoris Causa!
L’art.18, ai commi b e c, della legge più odiata da nepotisti e profittatori, recita:
b) In ogni caso, ai procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo;
c) applicazione dei criteri di cui alla lettera b), ultimo periodo, in relazione al conferimento degli assegni di ricerca di cui all’articolo 22 e alla stipulazione dei contratti di cui all’articolo 24 e di contratti a qualsiasi titolo erogati dall’ateneo.
Ma cosa è successo al dipartimento di Scienza del Farmaco di Catania, cioè la ex facoltà di farmacia (dove tra l’altro pare preparino altri scherzetti)?
Il 27 gennaio 2011 si riunisce la Commissione giudicatrice per l’assegnazione di un posto di ricercatore universitario presso la facoltà di Farmacia.
La Commissione è composta dai professori ordinari Faustino Bisaccia, Università della Basilicata, Italia Di Liegro, Università di Palermo e Italo Stipani, Università di Bari.
La prima stranezza nel verbale. In esso si da atto al secondo capoverso della “presenza contemporanea di tutti i membri componenti presso la propria sede”, in realtà negli atti allegati i due componenti, Di Liegro e Stipani, dichiarano di aver partecipato alla seduta “per via telematica”. Quindi, persino il professor Stipani, che della Commissione è il presidente, in sede non c’era. (sud)
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