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lunedì 29 ottobre 2012

Sicilia, ultime offerte: un voto a 25 euro. Le polpette avvelenate dei gattopardi

Licia Satirico per il Simplicissimus
Un’aria opprimente scandisce le elezioni in Sicilia: la pioggia cade scrosciante, mentre scirocco e nuvole irose portano per la prima volta l’autunno in una regione che compensa con la mitezza del clima le sue atmosfere surreali. Surreale passeggiare tra cumuli di spazzatura imponenti come muraglie in una città priva di mezzi pubblici per la bancarotta della locale azienda trasporti, con i dipendenti del Comune e delle cooperative sociali in protesta per gli stipendi non pagati. Lo spleen ha preso la forma letteraria della bandiera del duomo, abbattuta da una raffica di vento. Il Comune di Messina ha debiti per decine di milioni di euro e le cifre si inseguono come in un incubo: c’è chi dice che l’esposizione debitoria sia di soli diciotto milioni, chi parla di quarantadue milioni e chi ci condanna al default a causa di un buco da oltre settanta milioni di euro.

La città è commissariata. Non per il debito, sia chiaro, ma perché l’ex sindaco, non potendo più cumulare le due cariche di primo cittadino e di deputato regionale, ha scelto un’opportuna exit strategy candidandosi alla Regione. La sua campagna elettorale dipinge Messina come un edificante luogo di sviluppo e di benessere: al pidiellino (ex An) Giuseppe Buzzanca dobbiamo la presenza costante di navi da crociera-monstre che portano turismo, dobbiamo piazzette tematiche e notti della cultura nell’unico mese gelido di questa terra quasi africana, dobbiamo approdi e svincoli. Quel che è certo è che dopo Buzzanca dobbiamo un sacco di soldi a tutti.

Quello di Buzzanca è un caso non unico di sopravvivenza politica sorprendente: già dichiarato decaduto anni fa dalla carica di sindaco a causa di una condanna definitiva per peculato d’uso, fu dichiarato candidabile dall’ennesima legge ad personam e rieletto sindaco giusto in tempo per essere indagato per disastro colposo dopo l’alluvione del 2009. Giuseppe Buzzanca sarà probabilmente eletto, in una terra in cui i disastri non sono mai davvero colposi. I disastri hanno nomi precisi: si chiamano abusivismo, clientelismo, scempio del territorio, connivenza, speculazione, dissesto finanziario. I disastri, senza un cambio epocale di cultura, si ripetono.

È strano pensare al rinnovamento con trentadue indagati o condannati nelle liste elettorali, molti dei quali in cerca del secondo mandato. Difficile evocare pulizia con programmi troppo generici, alla ricerca di inediti “valori comuni” che sanno troppo di alleanza strategica per non indurre sospetti. Arduo anche respirare l’aria fresca evocata da Crocetta pensando a nomi come quello di Buzzanca, di Giuseppe Gennuso, indagato per relazioni tra mafia e scommesse, o di Franco Mineo, accusato di essere uno dei prestanome della famiglia mafiosa dei Galatolo.

La Sicilia reale muore sotto il peso dei debiti, oppressa da cumuli di immondizia per cui nessuno chiamerà l’esercito. Pare che l’affluenza alle urne sia in aumento: a mezzogiorno aveva votato l’11,8 per cento degli elettori, con un punto percentuale in più rispetto al precedente del 2008, solo che nel 2008 si votava anche di lunedì e non draconianamente solo di domenica. I siciliani sono per lo più arrabbiati o rassegnati: i primi sceglieranno un voto di protesta variamente scandito tra forconi e grillini (che puntano a un ambizioso 15 per cento), i secondi sceglieranno ancora una volta secondo incoscienza. Gli allarmi sono già partiti stamattina su Twitter e parlano di voti venduti ad appena 25 euro in alcune zone di Palermo: una notizia che speriamo falsa, perché il nostro voto dovrebbe avere un valore inestimabile.

La partita è ancora aperta ed è impossibile fare previsioni. Non sappiamo come gli elettori reagiranno all’alleanza Pd-Udc, mai turbata in queste settimane dal camper di Renzi, né possiamo sapere se il Pdl Musumeci sia riuscito a sopravvivere all’insidioso “patto della crocchetta” pro-Crocetta attribuito a Micciché. Questo importante test elettorale attraversa silente la nostra domenica piovosa, portando con sé il destino di milioni di persone. Se sia rivoluzione, alluvione o restaurazione sotto la sapiente regia di Raffaele Lombardo lo capiremo tra poche ore. Queste parole possono sembrare scettiche, oscure, amare. Si tratta però, come avrebbe detto Sciascia, dell’incertezza e dell’oscurità con cui parliamo delle cose che conosciamo benissimo. E che, nel caso della Sicilia, amiamo ostinatamente.

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