"Le imprese italiane non hanno bisogno di sussidi, e' meglio tagliare le tasse". Parola di Emma Marcegaglia. Sembra passato un secolo da quando la presidentessa degli industriali chiedeva al governo Berlusconi "soldi veri alle imprese", invece era solo il 2009 e la Confindustria si era messa a fare politica contro l'esecutivo. A torto o a ragione è un discorso che ci terrebbe inchiodati a polemiche per mesi. Il punto è che questa proposta, la più ragionevole di tutte, arriva fuori tempo massimo. Non mi pare affatto che questo governo abbia una qualche vaga intenzione di abbassare le tasse sulle imprese. Taglierà i sussidi, ma le tasse resteranno quelle che sono. Gli errori politici si pagano, presidente.
Ma poi la Marcegaglia torna ancora a dire che tutto sommato le aziende italiane prendono pochi soldi. Lei li quantifica così: le imprese in Italia ricevono aiuti pari allo 0,2% del Pil, circa 3 miliardi di euro, contro lo 0,6% in Germania, lo 0,7% in Francia, lo 0,5% in media in tutta l'Ue. Simpatica. Come ho già avuto modo di replicare alla stessa identica obiezione che il presidente di Confindustria mi fece due giorni dopo l'uscita di "Mani Bucate", ripeto: quelli sono i soldi dei fondi europei allo sviluppo (che noi usiamo poco a causa della scandalosa incapacità delle regioni di spendere), ma non sono tutti i soldi che vanno alle aziende.
Il fatto che non lo voglia riconoscere fa davvero innervosire. In risposta uso le parole di Guido Nannariello della Ragioneria Generale dello Stato che in articolo uscito su LaVoce.info quantifica in 11,9 miliardi la spesa pubblica per le imprese. Attenzione: questi sono i soldi che escono dalle casse dello Stato, ma non sono tutti quelli che arrivano nelle casse delle imprese. Dopo aver letto l'articolo di Nannariello, potete leggere la mia risposta qui sotto.
"I dati del dott. Nannariello sono una risposta definitiva alla polemica sull'entità della spesa pubblica sotto forma di sussidi alle imprese. Tuttavia se si cambia punto di vista e si guarda al fenomeno degli "aiuti di Stato" (in senso lato) dal lato dell'impresa, le cose cambiano notevolmente.
- Prima osservazione: i sussidi alle imprese energetiche "verdi" non vengono erogati a valere sul bilancio pubblico, ma direttamente dalle bollette dei consumatori e quindi sfuggono alla contabilità nazionale. Tali sussidi sono stati pari, nel 2010, a 3,4 miliardi (6 nel 2011, 9,5 miliardi secondo altre fonti, ndr) e portano il totale dei sussidi per quell'anno a quota 15,3 miliardi.
- Seconda osservazione: le imprese italiane (ad esempio i produttori cinematografici) accedono ad sussidi europei attraverso fondi gestiti direttamente dall'Europa e non dalle autorità nazionali e che, quindi, ancora una volta, non sono quantificati nel bilancio dello Stato.
- Terza osservazione: non è possibile quantificare nemmeno i sussidi che le imprese italiane ricevono all'estero come, ad esempio, Fiat in Serbia. Quindi se se la spesa pubblica è di 11,9 miliardi, i sussidi effettivamente incassati sono considerevolmente superiori".
Oltre a tutto questo ci sono i sussidi impossibili da quantificare: sconti fiscali e sgravi per ricerca e sviluppo, per l'internazionalizzazione, per l'export, per le "reti d'impresa" e via dicendo. E con questo spero d'ora in poi di poter discutere seriamente del tema con il successore della Marcegaglia, Giorgio Squinzi che, quando non era affatto facile dirlo, si dichiarò contrario agli aiuti di Stato. Ma, prudentemente, evitò di dire la balla dello 0,2%. manibucate.com
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