La ferita profonda della nostra comunità non s’è mai richiusa, quel maledetto fango assassino rimane come attaccato all’anima. Adesso in questa immane tragedia s’aggiunge una data. È quella del 13 luglio. Quel giorno, a quasi tre anni di distanza dai fatti, davanti al gup Salvatore Mastroeni si aprirà la maxi udienza preliminare sull’alluvione del 2009 che tra Giampilieri e Scaletta Zanclea provocò la morte di 37 persone e centinaia di feriti, una vicenda per cui la Procura dopo mesi d’indagine ha chiesto il rinvio a giudizio per diciotto indagati. Si tratta di amministratori, ex amministratori, geologi, progettisti e tecnici, le accuse ipotizzate a vario titolo nei loro confronti sono l’omicidio colposo plurimo, il disastro colposo e le lesioni colpose. E tra le carte dell’inchiesta c’è pure una lunghissima lista di quelle che si chiamano “parti offese”, citate per l’udienza preliminare. Sono ben 169. Ricorrono i nomi dei parenti delle vittime, di chi rimase ferito. Ci sono anche Legambiente e il WWF, che chiederanno di costituirsi parte civile nel procedimento.
A chiedere i 18 rinvii ai giudizio erano stati nelle settimane scorse i sostituti procuratori Adriana Sciglio e Stefano Ammendola, che avevano concluso una complessa attività di sintesi coordinata dal procuratore capo Guido Lo Forte sulla scorta di una consulenza tecnica affidata dal 6 ottobre del 2009 ad alcuni esperti di primo piano a livello nazionale: il prof. Gabriele Scarascia Mugnozza, docente di Geologia applicata alla “Sapienza” di Roma, i professori Andrea Failla, docente di Teoria e tecnica del consolidamento strutturale all’Università di Palermo, Concetto Pietro Costa, docente di Geotecnica all’Università di Catania, e l’ingegnere Aronne Armanini, ordinario di Idraulica all’Università di Trento. Sono stati loro ad elaborare tutto, e tra l’altro hanno fornito ai magistrati anche una rappresentazione computerizzata di quanto è successo, avvalendosi anche di alcuni stretti collaboratori. L’altro pilastro su cui poggia l’accusa è la voluminosa informativa dei carabinieri che subito dopo l’alluvione avviarono una serie di accertamenti e verifiche per chiarire le responsabilità della valanga di acqua e fango travolse le case e le persone. Ci sono poi le perizie sui corpi ritrovati, eseguite dal medico legale Fabrizio Perri, e una dettagliata informativa dell’Ispettorato ripartimentale delle Foreste.
GLI INDAGATI - Il rinvio a giudizio è stato chiesto per Mario Briguglio, sindaco di Scaletta Zanclea, Gaspare Sinatra, commissario straordinario del Comune di Messina dal 18 ottobre 2007 al 20 giugno 2008, Giuseppe Buzzanca, sindaco di Messina, Giovanni Arnone e Tiziana Flora Lucchesi, dirigenti della Regione Siciliana, Salvatore Cocina, ex responsabile della Protezione Civile regionale. Ed ancora per Antonino Savoca, Alberto Pistorio, Giuseppe Rago, Francesco Grasso, Agatino Giuseppe Manganaro, Francesco Triolo, Salvatore Di Blasi, Stefano Bello, Giovanni Garufi, Carmelo Antonio Melato, Salvatore Cotone e Giovanni Randazzo, tutti tecnici che si sono occupati in passato della gestione del territorio sia con incarichi pubblici sia con la redazione di progetti specifici. Alcuni di loro hanno chiesto di essere sentiti nella fase successiva alla chiusura delle indagini preliminari per spiegare le loro ragioni. Si tratta di Buzzanca, Sinatra, Randazzo, Savoca e Cotone. L’incastro delle accuse è piuttosto complesso, basti pensare che in un caso si rimanda ad un progetto di sistemazione ed ampliamento del torrente Racinazzi, a Scaletta, che risale al 1971. In relazione al profilo omissivo viene contestato per esempio il disastro colposo: «un disastro consistito in un processo di frana e trasporto di massa - di tipo scorrimento, crollo e colata detritica e di fango -, avvenuto in esito alle precipitazioni verificatesi l’1 ottobre 2009 e nei giorni precedenti». NUCCIO ANSELMO - GDS (da Enricodigiacomo)
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