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lunedì 4 giugno 2012

PROCESSO MORI: ‘Omertà di Stato e verità di mafia’ di Sonia Alfano

Era stato chiamato a deporre in seguito alle dichiarazioni della vedova del giudice Paolo Borsellino, Agnese Piraino Leto, la quale aveva testimoniato, davanti ai magistrati di Caltanissetta che indagano sulla strage di Via d’Amelio, di aver appreso dal marito che quel militare fosse ‘punciutu’. Ma all’udienza odierna del processo Mori, l’ex comandante del Ros dei Carabinieri, Antonio Subranni, si è rifiutato di rispondere. Da un uomo di Stato, quale Subranni ufficialmente dovrebbe essere (meglio dire dovrebbe essere stato, visto che è pensionato), non ci si sarebbe aspettato un atteggiamento simile, sebbene, essendo indagato in un procedimento connesso, fosse una sua legittima facoltà.

Ma in questi casi vige generalmente una regola morale: chi non ha nulla da temere, non ha problemi a raccontare ciò che sa. E invece il generale Subranni, del quale conosciamo la storia e i trascorsi da depistatore (fu lui, infatti, a depistare le indagini sull’omicidio di Peppino Impastato, facendolo passare per un terrorista suicida), ha scelto ancora una volta di tacere dentro un’aula di giustizia, di fronte ai magistrati. Eppure ci sarebbe tanto piaciuto conoscere la sua versione sulla trattativa tra mafia e Stato. Anche perché nell’inchiesta della Procura di Palermo su quella trattativa, il Generale Subranni è, appunto, indagato.

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