da byoblu
di Paolo Becchi
Nella scorsa puntata abbiamo scoperto che uscire dall'Europa, la "fossa dei leoni", si può: è difficile ma non impossibile. Dobbiamo, a questo punto, domandarci: se uno Stato (diciamo, per puro caso, l’Italia) non volesse uscire dall’Europa ma soltanto rinunciare alla moneta unica - all’Euro - si potrebbe fare?
Vi sono, nell’Unione, Stati che non hanno adottato l’Euro, come è noto. Logica vorrebbe, pertanto, che sia certamente possibile restare in Europa uscendo soltanto dalla moneta unica. Eppure la cosa è un po’ più complicata di quanto si penserebbe. Mentre, infatti, il Trattato di Lisbona disciplina, all’art. 50, la procedura di uscita dall’Unione, nessuna disposizione fa riferimento alcuno al recesso dall’unione monetaria (così come, del resto, nulla diceva il Trattato di Maastricht a questo proposito). Sembrerebbe quasi che, una volta accettata la moneta, non si possa più neppure indietro. L’effetto potrebbe essere perverso: ad “Eurolandia” ci possono essere Paesi la cui moneta è l’euro e Paesi “con deroga”, ma se uno Stato membro del primo tipo decide di uscire dall’euro, non può passare alla categoria degli “Stati membri con deroga”, ma deve uscire dall’Unione. Sembra un corto circuito prodotto, forse involontariamente, dai trattati.
Possibile uscirne? Secondo alcuni autori, no: «non è consentito uscire dall’unione monetaria senza abbandonare contestualmente l’Unione europea» (L. Cavallari, Integrazione monetaria e governo dell’economia, Milano, Franco Angeli, 2006, p. 27). Secondo altri, invece, proprio in forza del fatto che «il sistema europeo è stato disegnato per funzionare con Stati dentro e fuori dall’euro», l’uscita dovrebbe essere consentita, quantomeno con un negoziato analogo a quello previsto dall’art. 50 (P. Manzini, Uscire dall’euro si può anche restando in Europa, in «QN», 14 maggio 2012, p. 8).
Si potrebbero fare altre considerazioni in merito. Al Trattato di Lisbona dovrebbero, infatti, applicarsi le norme di diritto internazionale consuetudinario
in materia di formazione, validità ed efficacia dei trattati internazionali, tra le quali dovrebbero ritenersi compresi alcuni princìpi in materia di recesso (quali quelli codificati, ad esempio, con la Convenzione di Vienna sul “Diritto dei Trattati” del 23 maggio 1969). In assenza di disposizioni specifiche sul recesso dalla sola unione monetaria, si potrebbe argomentare che quest’ultima facoltà dovrebbe comunque essere attribuita agli Stati membri in quanto deducibile «dalla natura del trattato», che prevede espressamente un sistema costruito secondo un meccanismo di “integrazione differenziata” con l’esistenza di Paesi europei che continuano a “battere” la propria moneta. Inoltre, potrebbe sempre valere, anche per l’unione monetaria, il principio secondo il quale il recesso è consentito se si verifica «un cambiamento fondamentale delle circostanze intervenuto rispetto alle circostanze esistenti al momento della conclusione di un trattato e che non era stato previsto dalle parti» (art. 62 della Convenzione di Vienna del 1969).
Ed è difficile dunque “uscire”, prima che dall’Euro, dal paradosso che l’art. 50 del Trattato di Lisbona ha creato (forse volontariamente, a voler pensare male), di consentire un’uscita concordata o meno dall’Europa, ma non dalla sua moneta. Forse, però, non tutto il male viene per nuocere: con un colpo solo, possiamo volendo uscire da questa Europa e dall’Euro. Due al prezzo di uno.
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