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martedì 28 agosto 2012

Indovina dov’è il dottore

Medici a disposizione 365 giorni l’anno. È possibile? Forse, ma a un prezzo. Eccolo.
Il ministro Renato Balduzzi porta in consiglio dei ministri la riforma degli studi medici: aperti H24, organizzati in grandi ambulatori con molti specialisti in servizio, dotati di piccola strumentazione diagnostica… e così capaci di seguire sul serio i pazienti e accompagnarli non solo nella malattia ma anche nella prevenzione. Sarà la decima volta, nei circa 20 anni che mi occupo di sanità, che sento questa storia. Ma, annuncio di rivoluzione in annuncio di rivoluzione, non è mai successo niente. Il dottore in studio c’è poche ore; sabato e domenica ci tocca di andare al Pronto Soccorso; e d’estate, neanche a parlarne. Prima di scatenare le proteste dei medici bravi, dico subito che, stante le cose come stanno, è inevitabile: il dottore di famiglia è un lavoratore come gli altri, e quindi va in vacanza, dorme la notte, mangia a pranzo e la domenica fa quello che gli pare. Per questo, da 20 anni, si parla di questi fantomatici consorzi che mettono insieme più professionisti e permettono la copertura H24 e 365 giorni l’anno (o giù di lì). E non c’è esperto che non dica che è solo con strutture di questo genere che si scaricano gli ospedali risparmiando e si assicura una migliore gestione della salute dei cittadini. Ragionevole, no? ma non è mai successo.

Voglio dare però fiducia al ministro Balduzzi e al segretario del sindacato dei medici di medicina generale, Cosimo Milillo, che ha accolto festante l’iniziativa ministeriale. Milillo dice che si può fare e si farà. Balduzzi è fermo nella sua decisione. Ma… Mettiamo in ordine i fatti per capire cosa è successo e cosa, probabilmente, succederà.

1. I medici di medicina generale non sono dipendenti del Ssn, ma operano secondo una convenzione stipulata con l’istituzione pubblica. Una convenzione che regola passo per passo la loro attività e che è negoziata dai loro sindacati ma firmata dal Ssn. Insomma, un contratto: noi paghiamo e loro devono fare certe definite cose. Tuttavia, mentre da 20 anni si dice quanto sopra, in quel contratto non è mai stato scritto chiaro e tondo che o si fa così o salta la convenzione. Invece, si è girato attorno alla questione, dando indicazioni generiche e anche (in certe regioni) chiedendo forte e chiaro che i medici si organizzassero (o si lasciassero organizzare) in studi plurimi. Cosa che, per lo più, i dottori non hanno fatto o non hanno accettato di fare: si astengano i piedini dal saltar su: “io l’ho fatto”. Il dato nazionale è inoppugnabile tanto che lo stesso Milillo dice che è una rivoluzione necessaria.



2. Il  potente ex assessore alla salute dell’Emilia-Romagna e oggi presidente dell’Agenas, Giovanni Bissoni, una volta mi ha detto scuotendo la testa: i medici di famiglia non fanno niente per niente, per fare le riforme bisogna trovare le risorse… Ed è assolutamente ovvio che servono risorse, di certo per organizzare i mega-studi, poi per dotarsi della piccola apparecchiatura diagnostica, poi per coprire le ore di lavoro disagiato (non penserete mica che se un dottore è in servizio di domenica o a ferragosto non voglia gli straordinari? voi ed io li vogliamo e quindi perché loro non dovrebbero?). Sorge il dubbio che Milillo sia tutto contento anche perché vede margini per chiedere soldi per i suoi assistiti, e serpeggia la certezza che Balduzzi questi soldi non li abbia.

3. È l’incongruo di questo governo: deve fare le riforme a costo zero. Anzi: meno di zero. Cosa che in sanità è impossibile. Le regioni che hanno fatto le riforme (dall’Emilia Romagna al Veneto…) le hanno fatte in anni di vacche grasse. Perché altrimenti, “fare le riforme”, in sanità, significa mettere a rischio i diritti.

4. Non solo. La stragrande maggioranza dei medici di medicina generale patisce la sua condizione di passacarte: costretti a scrivere ricette, a stilare certificati, a stare appresso agli umori dell’Aifa (l’agenzia regolatoria  dei farmaci) che, anche giustamente spesso, impone lacci e laccioli. E persino impegnati nel tentativo di contenere i costi: in molte regioni se prescrivono senza rigore (e a capocchia) vengono puniti, e questo è sacrosanto. Io sono certa che moltissimi medici di medicina generale sarebbero ben contenti di cominciare a fare davvero i medici, di poter avere i pazienti sotto controllo, di poter avviare schemi di prevenzione e cura per i loro assistiti, di non essere più visti solo come prescrittori . Ma siamo sicuri che questa fetta consistente è sufficiente a cambiare tutto, come vorrebbe Balduzzi e come impone la modernizzazione del Ssn? Non credo. Temo, invece, che la risacca dei pigri e dei riottosi trascini indietro la categoria. È successo, molte volte negli ultimi vent’anni. E senza soldi in vista, scommetto che succederà di nuovo.

5. Si dirà, allora, ma il Ssn non può forzare? Non può obbligare i medici? No. Per due ragioni. La prima è che la convenzione è un contratto, il Ssn avrebbe l’opzione di scinderlo o di non firmarlo. E potrebbe farlo se ci fosse un’alternativa. Ma non c’è. Di fatto i 46 mila medici di famiglia italiani sono un unico pacchetto. La seconda è che i medici di famiglia hanno il pallino in mano: pensate solo a cosa accadrebbe se si astenessero dal servizio per tre giorni durante l’epidemia annuale di influenza. E pensate al potere di suggestione che hanno su milioni di pazienti che pendono, sempre e comunque, dalle loro labbra. No: senza di loro non si può fare niente. E non è che questo mi piaccia: non mi piacciono i monopoli e sono convinta che, se fossero dipendenti del Ssn come gli ospedalieri, le cose andrebbero diversamente. Come dimostra il fatto che, seppur a fatica e solo nelle regioni forte e sagge, le riforme negli ospedali si sono fatte, eccome.

6. Conclusione. Dubito che senza soldi da mettere sul piatto, Balduzzi potrà fare nulla. Ci rimetteremo noi, ci rimetterà tutto il Ssn perché i medici di famiglia e i consorzi descritti sono l’ultima speranza per abbattere il mostro della spesa diagnostica e ospedaliera mantenendo in salute la gente. E allora non resta che trovare i soldi. Dove?

7. Si potrebbe cominciare col punire chi si comporta male e vive in maniera malsana finendo, inevitabilmente, col pesare sul Ssn: chi fuma, chi si ingozza di patatine e bibite gassate, chi va ai cento all’ora in città, chi guida male, ecc, ecc, ecc. E senz’altro l’idea di far pagare di più, tassandole, le bibite gassate è una buona idea. Ma si dovrebbe proseguire bastonando le merendine malsane, gli snack unti e bisunti, il fast food. Poi, ancora le sigarette. Quindi serve di fare multe da capogiro a chi va in macchina e in moto (ma anche in bici) sconsideratamente. E lo si dovrebbe fare per due ragioni. Per prima cosa, quanto fatto negli Usa e in Gran Bretagna dimostra che se le schifezze costano di più, la gente non le compra e questo si traduce in salute pubblica. Secondo: questi comportamenti finiscono con l’incidere sui costi del Ssn che deve pagare le medicine ai malati cronici, aggiustare le ossa (e non solo) di chi ha incidenti stradali, far girare le cardiochirurgie per i cardiopatici, ecc, ecc, ecc. Io sono certa che i comportamenti malsani devono essere colpiti economicamente, e che tutti questi soldi devono andare sul piatto della riforma dei medici di medicina generale. Credetemi, è l’uno modo per cominciare a salvare il Servizio sanitario nazionale. E noi stessi. (blog espresso)

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