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domenica 18 dicembre 2011

Torino peggio dei pogrom e dei raid contro gli armeni. Basta coi proclami, ci vuole una legge

L'assalto all'insediamento Rom della Continassa a Torino ripropone con inaudita ferocia la questione del rapporto tra le comunità nomadi e il razzismo della nostra società. Se l'indignazione esplode a ogni episodio di violenza, quando il fuoco si è spento la situazione torna identica a prima. Perché manca una legge che affronti la complessità del problema. Inquadrarla in un contesto giuridico inoppugnabile è l'unica soluzione per consentire che, in futuro, alla vuota litania dell'indignazione consegua finalmente la certezza del diritto, della giustizia e della pena. Il professor Paolo Bonetti, associato di Diritto costituzionale al'Università degli studi di Milano-Bicocca e autore del libro 'La condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia' (Edizioni Giuffré), spiega perché il rogo di Torino non va lasciato impunito.

Professore, la violenza razzista che ha scatenato i teppisti di Torino è la spia dell'abbrutimento della nostra società?
Il degrado sociale viene dopo. Qui parliamo prima di tutto di diritti e di doveri. Non solo i reati commessi vanno dalla devastazione al saccheggio - che spero la procura di Torino persegua nel più ampio modo - ma sicuramente dobbiamo parlare anche del reato di incitamento all'odio razziale. L'episodio nasce da un'eccitazione collettiva del tutto immotivata, basata su voci poi rivelatesi infondate. Chiunque abbia scatenato questa violenza va perseguito. Da questo punto di vista è bene essere chiari: non c'è disagio che tenga, altrimenti giustifichiamo qualsiasi cosa. Le leggi vanno applicate nel modo più duro di fronte a una cosa del genere. Il vero problema è prendere i responsabili. Fossi in voi farei un lavoro in profondità con la procura e le questure per verificare come si stiano svolgendo le indagini.



C'è il pericolo secondo lei che possano farla franca?
E' quello che non vorrei. Non deve passare nemmeno per l'anticamera del cervello che nella Torino del 2011 sia possibile fare un pogrom degno di quelli contro gli armeni o contro gli ebrei nella Russia del 1898.

Psicologicamente sembra la cosa più semplice far diventare il Rom un capro espiatorio. Si subisce un furto: è stato uno zingaro. Scompare un bambino: è stato uno zingaro. E ora questa assurdità della ragazzina stuprata...
Guardi, c'è sempre un capro. C'erano gli albanesi, ci possono essere i neri che raccolgono i mandarini a Rosarno. Dietro le scuse ci sono altre scuse. Bisogna andare molto più a fondo. Dietro gli slogan e l'indignazione bisogna andare a vedere le responsabilità personali. Bisogna assolutamente esigere dalla magistratura e dalla polizia la più severa repressione di eventi del genere.

Per quanto riguarda la 'punizione' della ragazza che si è inventata la violenza carnale?
E' un reato di procurato allarme, poi c'è la calunnia, ma essendo minorenne c'è tutta una procedura particolare, potrebbe essere anche prosciolta per immaturità, cosa molto probabile. Io non starei su di lei. È chiaro che se ha ritenuto di inventarsi una scusa del genbere è perché vive in un ambiente in cui c'è gia una colpa sociale individuata. Ci ha pensato bene a chi individuare. Il problema non è lì. E' che un minuto dopo si è scatenato ciò che si è scatenato. Il problema è chi l'ha scatenato. Come se qualcuno aspettasse il pretesto. Queste sono cose che risalgono al Ku Klux Klan o alle devastazioni naziste, ai turchi contro gli armeni.

E' sintomatico per lei il fatto che possano aver preso parte al raid anche alcuni settori estremisti della tifoseria juventina, quelli che chiamano i 'Bravi Ragazzi', anche se sul loro sito hanno detto che non c'entrano con i roghi?
Mah, i 'bravi ragazzi' son bravi fino a un minuto prima. Ho letto pure che esponenti del Pd partecipavano alla fiaccolata, che il sindaco, mi pare, abbia chiesto scusa alla città. Ma qui, se c'è un insediamento abusivo, la responsabilità è delle amministrazioni. Non si tratta qui di tollerare situazioni illegali, di nessun tipo. Né di Rom né di altri. L'illegalità trascina altra illegalità. Non c'è una tolleranza in nome di un disagio sociale, perché quest'ultimo deriva da inadempienze dei pubblici poteri, che non mettono a disposizione strutture alloggiative, servizi sociali, che sottovalutano, che non vedono. Se uno ha una vigilanza seria e costante del territorio in pochi secondi le impedisce. Se esistono accampamenti 'abusivi' la colpa è soltanto degli amministratori.

E' comunque difficile sanare insediamenti abusivi magari storici, magari radicati profondamente in un tessuto urbano e sociale difficile.
Questa è un'altra questione. Ma bisogna prevedere alternative abitative adeguate, ecco perché occorre una legislazione nazionale sulla minoranza, come prevede l'articolo 6 della Costituzione. L'Italia non l'ha. Una legge che deve prevedere tutele sulla minoranza, sulle questioni linguistiche e culturali, ma anche sulle diverse forme di abitare, tutele che siano implementate con specifiche norme antidiscriminatorie, e che prevedano misure di promozione dell'integrazione sociale.

E' la sua battaglia da anni...
Io continuo a scriverlo, lo dico in giro, organizzo convegni, mi è capitato magari di aver ragione dieci anni dopo che ho detto qualcosa. Ma non cedo. Il Consiglio di Stato ci ha detto con l'ultima sentenza che gli strumenti emergenziali non avevano e non hanno futuro. Ci vogliono strumenti ordinari. E per questi ci vuole una legge. Perché la legge prevede il fondamento della spesa, l'eguaglianza di tutti in tutte le Regioni, l'attuazione delle norme internazionali e via così. Invece si continua coi mezzucci perché non s vuole affrontare alla radice una questione secolare, molto complessa, che richiede studio. Ho partecipato qualche giorno fa al Senato alla commissione straordinaria sui diritti umani col ministro Riccardi. Ma è stato un incontro assolutamente deludente. E' tutto simbolico e irrilevante. Questo è un buco giuridico assurdo. Una minoranza trascinata in una situazione impensabile in uno Stato democratico. Noi abbiamo fatto un doppio volume sulla Condizione giuridica dei Rom e dei Sinti, a seguito di un convegno lo scorso anno. Abbiamo steso una proposta di legge. Dicono che non si può? Ebbene, noi lo abbiamo fatto. Il testo è lì, aspettiamo solo che qualcuno lo copi. Non c'è il copyright, c'è il desiderio di trovare una soluzione definitiva.
Luca Galassi - PeaceReport

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