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domenica 17 giugno 2012

Un Paese ormai alla caritas

Qualcuno fa festa, qualcun’altro è distratto, qualcuno tace e fa il mendace. Ecco, se proprio si cercano idee, una davvero buona sarebbe quella di dire come stanno effettivamente le cose, di mostrare in che Paese viviamo, facendo finalmente un po’ di silenzio sulle parole d’ordine che insolentiscono la realtà o sulla pornolalia sociale di certi ministri. Come stanno le cose lo dicono il Censis e persino quella caricatura di decreto sviluppo in incubazione che nelle pieghe dei 61 punti, fa finalmente venire alla luce una verità terribile e nascosta.

Come si potrebbe interpretare altrimenti la decisione di istituire un Fondo per gli alimenti ai poveri presso l’Agenzia per le erogazioni in Agricoltura? L’ente si occupa, di coordinare e di pagare ai produttori agricoli i finanziamenti europei: averlo coinvolto in questo compito di “distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica Italiana” significa che ci aspetta un aumento esponenziale della povertà e che si fa un appello indiretto ad aiuti dal resto del continente. Sobrio accattonaggio. Aver nascosto il provvedimento dentro il capitolo crescita è allo stesso tempo uno sberleffo e un’ammissione di cattiva coscienza. Naturalmente la distribuzione finali sarà attuata dagli enti caritatevoli, perché non sia mai che lo Stato intervenga in prima persona e non faccia guadagnare anche qualche tonaca e molti zuccotti rossi  dai propri fallimenti.


La seconda notizia, quella del Censis, ci dice che più di 9 milioni di italiani non hanno potuto accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno per ragioni economiche. 2,4 milioni sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli, 4 milioni resiedono nel Mezzogiorno. Piani di rientro e spending review hanno determinato un crollo verticale del ritmo di crescita della spesa pubblica per la sanità. Si è passati da un tasso di incremento medio annuo del 6% nel periodo 2000-2007 al +2,3% del periodo 2008-2010. La flessione si registra soprattutto nelle regioni con piano di rientro, dove si è passati dal +6,2% all’anno nel periodo 2000-2007 a meno dell’1% di crescita media annua nel periodo 2008-2010.

Ma guarda caso, guarda la vergogna,  la spesa sanitaria privata invece è aumentata più che nel periodo pre-crisi: +2,2% medio annuo nel periodo 2000-2007 e +2,3% negli anni 2008-2010 (l’incremento complessivo nel periodo 2000-2010 è stato del 25,5%). E questo perché chi può disporre di fondi integrativi, come per esempio molti dei festaioli bolognesi di questi giorni, si rivolge al privato per evitare le attese create ad arte proprio per favorire questo passaggio o nel migliore dei casi per l’incapacità e l’avidità dei manager di nomina politica.
Dunque si può dire ufficialmente che quello alla salute è ormai un diritto teorico perché le spese in ticket cominciano ad essere fuori dalla portata di molti. Ma non c’è davvero da preoccuparsi, la buona comunità europea ci soccorre: la norma 1102 del 2011 sul “welfare comunitario” ha per finalità  quella di creare “un sistema di educazione finanziaria che aiuti a pianificare, prevenire e sfruttare le opportunità, realizzando un progetto di vita soddisfacente.”


Insomma, come dice il titolo di un convegno finanziario “Non € mai troppo tardi” - (da simplicissimus)

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