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lunedì 30 luglio 2012

L’INCHIESTA DI ENRICO DEAGLIO, VALTUR E PROVENZANO: Mister 5 miliardi di euro. Carmelo Patti era uno degli uomini più ricchi d’Italia, ma secondo i giudici era solo un prestanome. Del superpadrino latitante

Palermo. È uno degli uomini più ricchi d’Italia e non lo sapevamo. È stato protagonista di una delle più affascinanti success story italiane (il manovale che diventa tycoon), e ora è accusato di essere, semplicemente, il prestanome del capomafia superlatitante Matteo Messina Denaro. Ha un patrimonio di 5 miliardi di euro (avete letto bene: miliardi, , non milioni) che potrebbe essergli confiscato. Con quei soldi Mario Monti ed Enrico Bondi sistemerebbero non pochi dei loro (e nostri) problemi immediati. Stiano parlando della biografia decisamente avventurosa del cavalier Carmelo Patti, nato poverissimo a Castelvetrano, in provincia di Trapani nel 1934, e diventato, nel corso della sua lunga vita, un fondamentale fornitore Fiat, un business partner della stessa, dell’Ifi e dell’Istituto San Paolo, il padrone della Valtur (la più grande industria turistica italiana), il proprietario di altre cinquanta società, il Grande Saggio siciliano come lo si vede solo nei film e nei romanzi: elegante, generoso e potente amico dei potenti, ma non dimentico della sua terra e della sua famiglia.

Un self made man, fiero della sua figlia maggiore, Maria Concetta Patti, amministratrice delegata che gestisce i 15 mila posti letto della Valtur; geniale imprenditrice, bella e carismatica, tanto da battere, nelle speciali classifiche di categoria, la pur quotata Emma Marcegaglia. La favola nata a Castelvetrano è ora, purtroppo, finita in uno dei più gravi dissesti finanziari nazionali: Valtur, con i suoi venti villaggi vacanza, è in amministrazione controllata per malagestione, sperperi e ruberie. Una situazione non dissimile al crack delle banche di Michele Sindona, con l’ombra lunga (come allora) di un superboss della mafia a incutere paura, un tentativo estremo del cavalier Patti di far ripianare al governo i suoi debiti, lo schieramento di una legione di avvocati e cospicue intimidazioni contro i magistrati che devono decidere sulla confisca, per mafia, di uno dei più grandi patrimoni italiani.

 L’Oro dei Patti è stato ricostruito in anni di lavoro da un’indagine della Direzione investigativa antimafia (Dia), firmata dal generale di corpo d’armata Antonio Girone; 1.600 pagine per la spettacolare radio grafia dell’impero economico del cavaliere. O meglio, secondo la Dia, non suo, ma di un Grande Padrino. La Valtur campeggia, ovviamente; ma poi ci sono società per il cablaggio, per ristrutturazioni edilizie, costruzione di ponteggi e infissi, immobiliari, alberghi, olio d’oliva, finanziarie, la gestione dell’aeroporto di Palermo, cementifici, terreni, abitazioni, barche. Per il valore di cinque miliardi di euro con una «inquietante sperequazione tra redditi e investimenti». Come si sa, a nessuno (e ai ricchi in particolare) piace che gli si facciano i conti in tasca. Però in democrazia le notizie circolano e quindi sono pubbliche le graduatorie. Patti, con i suoi cinque miliardi di patrimonio, sarebbe nei top five italiani, alla pari con Berlusconi e appena sotto Michele Ferrero (Nutella e altro, nettamente il primo), Alessandro Del Vecchio (Luxottica), la famiglia Benetton e Giorgio Armani. Ma questi cinque miliardi sarebbero, in effetti, di proprietà di Matteo Messina Denaro. Il quale appare, tra i capi della mafia di tutti i tempi, il più moderno e con una buona diversificazione del portafoglio. [...enricodigiacomo]

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