Rassegna stampa (news selezionate da staff saluteme.it) di salute e ambiente in Sicilia
giovedì 4 ottobre 2012
MILAZZO, SCANDALO AIAS: DIVENTANO DEFINITIVE LE CONDANNE DEGLI EX PRESIDENTI MOSTACCIO E MORABITO
Barcellona - Sono dovuti trascorrere 19 anni e 4 mesi dallo scandalo sfociato negli arresti per la gestione della sezione Aias di Milazzo, scoppiato nel giugno del lontano 1993 sullo sfondo dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano, per assistere al pronunciamento della sentenza definitiva sugli unici due imputati superstiti scampati alla valanga di prescrizioni che ha travolto quasi tutti gli indagati. I giudici della seconda sezione della Corte di Cassazione a quasi vent’anni dalla scoperta del “Vaso di Pandora”, rappresentato dalle ruberie milionarie dell’epoca e dalla speculazione finanziaria sull’assistenza ai disabili, hanno confermato le condanne decise dalla Corte d”Appello di Messina nell’aprile dello scorso anno nei confronti dei due ex presidenti della disciolta sezione Aias, l’avv. Antonino Morabito di Milazzo, per anni ai vertici dell’Aias e il dottor Antonino Mostaccio, ex sindaco di Merì, dipendente comunale di Barcellona successore di Morabito. I due imputati superstiti, infatti, erano stati condannati: Morabito a 2 anni di reclusione e Mostaccio ad 1 anno e 6 mesi di reclusione. Anche se nel tempo le pene sono state sensibilmente ridotte, ultima ulteriore diminuzione in Appello a Messina con l’eliminazione per i due ex presidenti dell’aggravante di capi promotori dell’organizzazione, in Cassazione è stata riconosciuta e confermata definitivamente, l’esistenza dell’associazione a delinquere nella gestione dell’Aias, finalizzata alla concussione, al peculato, all’abuso d’ufficio, alle false comunicazioni sociali e alla violazione delle leggi tributarie. Nel frattempo, tra l’Appello e la Cassazione, ad alleviare le pene è intervenuto anche l’indulto per tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive, che di fatto neutralizza la condanna. Restano invece immutate le statuizioni di primo grado che dovranno essere quantificate in sede civile in favore dell’Aias nazionale che si era a suo tempo costituita in giudizio ed è stata rappresentata fino in Cassazione dall’avvocato Antonella Lopresti che adesso avrà l’onere di recuperare, per quanto possibile, gli indennizzi dovuti dai due imputati per i risarcimenti dei danni provocati con la sparizione di ingenti somme di denaro pagato per tangenti e consulenze d’oro che nulla avevano a che fare con l’assistenza ai disabili. Morabito e Mostaccio sono stati difesi rispettivamente dagli avv. Rocco Lo Duca e Giuseppe Lo Presti che avevano chiesto l’annullamento della sentenza. La storia processuale relativa allo scandalo per la gestione dell’Aias di Milazzo, scoperchiato dopo l’assassinio di Beppe Alfano, è lunga e costellata anche da ritardi nella fase delle indagini e in quella processuale. La sentenza di primo grado fu emessa tuttavia in tempi ragionevoli, il 29 maggio del 2002, dal tribunale di Barcellona presieduto dal giudice Giuseppe Martello dopo 8 ore di camera di consiglio. All’epoca furono inflitti 5 anni di reclusione all’ex direttore generale dell’Aias, Stefano Foti, il quale nel frattempo è morto tanto che i n Appello i giudici prendendo atto del decesso dichiararono di non doversi procedere. Per l’ex presidente Antonino Morabito la condanna decisa dal Tribunale di primo grado fu di 4 anni; 3 anni e 6 mesi fu invece la condanna per l’ex presidente Antonio Mostaccio. Poi nel processo d’Appello iniziato a Messina nel 2006 e conclusosi solo nell’aprile dello scorso anno a causa delle more per un ricorso alla Corte Costituzionale sulla cosiddetta legge Pecorella, le pne furono sensibilmente ridotte a seguito delle richieste avanzate dal pg Vincenza Napoli che aveva invocato l’eliminazione per i due imputati dell’aggravante di “capi promotori”. La stessa Corte d’Appello presieduta dal giudice Attilio Faranda non aveva invece accolto una seconda richiesta, quella della concessione delle “attenuanti generiche” che avrebbero portato alla prescrizione del reato. La sentenza d’Appello e quella pronunciata ora dalla Cassazione, tuttavia confermano l’esistenza – tra il 1998 e il 1992 di un “comitato politico-affaristico” che ha gestito in maniera clientelare e delittuosa i rilevanti flussi finanziari che portarono allo sperpero di miliardi di vecchie lire per pagare tangenti e consulenze su investimenti edili e in servizi finanziari finalizzati alla creazione di posizioni economiche dominanti tali da avere effetti anche sulla politica regionale e nazionale e in ultimo con le assunzioni clientelari che fecero lievitare il personale a più di 600 unità determinando il collasso della struttura sanitaria. Leonardo Orlando – GDS
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