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martedì 27 novembre 2012

Ilva, il dramma del ricatto e la fuffa della politica

La realtà, la terribile realtà del ricatto tra malattia e lavoro, si riprende la scena dopo il reality democratico. Un dramma che esplode in mezzo alla densa melassa di fuffa e che mostra la noncuranza della politica verso i più basilari fondamenti della civiltà del lavoro, la sua subalternità verso i padroni delle ferriere, espressione mai tanto appropriata. E ha poca importanza che qualche protagonista delle primarie sia direttamente coinvolto: sono almeno vent’anni che tutta la politica è implicata e compromessa dentro una trama attenta al privilegio e dimentica della società nel suo insieme.
Ed è così che si è arrivati a questa realtà in cui si scopre che sono i Riva a voler chiudere, che sono interessati a tenere aperto solo se possono ignorare i fumi di morte che l’Ilva sprigiona. Ma l’arroganza e la sfrontatezza con cui mettono la spada di Brenno sulla bilancia di un potere politico gregario e convinto di doverlo essere, è stata loro permessa, concessa, persino spronata con non voler vedere, con l’aggiustare i limiti dei veleni, cedendo a un ricatto continuo che si è consumato nella totale assenza di visione sul lavoro  e volta, almeno nell’ultimo decennio, a recuperare sulla pelle degli operai e dei precari quei margini di competitività perduta con la moneta sovrana. Un servizio a cui si sono piegate in qualche caso entusiasticamente le famose “parti sociali”.

Così accade che le stesse persone che ci chiedono di mourir pour l’Europe, sono gli stessi che avallano il metodo Bopal fregandosene delle relazioni industriali in vigore nel continente. Siamo europei solo quando fa comodo. E la cosa è stata evidente con la strage della Tyssen Krupp che avvenne per la mancanza di elementari misure di sicurezza che la stessa azienda non si sogna nemmeno di far mancare nei suoi stabilimenti tedeschi. L’applauso di Confindustria agli assassini delegati, insieme al silenzio della politica ha fornito un quadro significativo della situazione, lo scenario nel quale si è inserito il marchionnismo dal volto umano.
Non so come si svilupperà questo dramma, ma di certo nessuno può sottrarsi alle sue responsabilità, nemmeno quei due che sono in campagna per le secondarie delle primarie: la settimana che scarsa che ci separa da domenica dovrebbero impiegarla per spiegarci cosa pensano della vicenda dell’Ilva, cosa farebbero e cosa eventualmente faranno se dovessero arrivare al governo. Nei dettagli  se ne hanno il coraggio e l’intelligenza. Parlino di questo invece di ammorbarci con l’aria fritta o con i ricami a punto croce intorno al Monti bis. Perché loro vivono di chiacchiere, ma c’è chi ne muore.  (simplicissimus)

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